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Queen sono:
John Deacon (bassista),
Brian May (chitarrista),
Freddie Mercury (cantante) e
Roger Taylor (batterista e seconda voce).

In origine i Queen (che per comodità ora abbrevierò con Q) furono anticipati da due gruppi-embrione, gli Smile e i Wreckage; quest’ultimo fu un gruppo che suonò blues e nel quale militò per qualche tempo Freddie.

Nel 1967, Brian mise nella bacheca dell’Imperial College di Londra un annuncio, invitando altri studenti-musicisti a unirsi a lui per formare una band studentesca. Uno dei primi a raccogliere quell’appello fu il bassista-vocalista Tim Staffel, seguito poi dal batterista Roger Taylor. Il nome adottato da May, Taylor e Staffel per il loro neonato progetto fu Smile, appunto, e presto la band si guadagnò un nutrito seguito nei pub londinesi e nel circuito universitario – i più scatenati furono ovviamente i compagni dell’Imperial. Pur proseguendo individualmente i loro studî, gli Smile come gruppo pensarono seriamente a una lunga e brillante carriera in ambito musicale; tuttavia, la loro inesperienza in materia di music-business li indusse a firmare un contratto tutt’altro che ideale. La Mercury (per scherzo del destino), a quei tempi casa discografica americana senza vere propaggini in Gran Bretagna, se non un semplice contratto di distribuzione, ingaggiò gli Smile con un contratto per un solo disco e li spedì in studio col produttore John Anthony. Il risultato fu un singolo, ‘Earth’ (Staffel), con una b-side, ‘Step on me’ (May, Staffel). Non ebbe alcun seguito, soprattutto perché venne pubblicato solo negli USA, senza alcuna promozione. Un mini-album postumo di sei brani, Getting Smile, fu edito in Giappone nel 1983, sulla scia del crescente successo dei Q, portando alla luce registrazioni riconosciute nella loro originalità dallo stesso Taylor. A causa della disorganizzazione della label, il disco degli Smile in Gran Bretagna non venne nemmeno distribuito. La rottura con la Mercury fu inevitabile. Fu certamente questa prima delusione a provocare il ritiro di Staffel dalla band; egli si mise a fare progetti in proprio, che non realizzò mai. Alcuni critici sottolinearono che, sebbene il materiale degli Smile fosse in sintonia con i tempi (una parte apparirà anche nei primi due album dei Q), la voce di Staffel avrebbe potuto rivelarsi inadeguata perché poco duttile… Il suo abbandono fu quindi fondamentale.

L’estate del 1969 segnò un acuto momento di disorientamento per May e Taylor, notevolmente delusi dell’esperienza Smile. Fu lo stesso Staffel a presentare ai due il suo coinquilino cantante. Freddie aveva un’idea precisa e davvero originale riguardo a una possibile band dotata di presenza scenica. Tutti e tre erano individui intelligenti e qualificati, che avrebbero potuto facilmente avviare una loro proficua carriera nel mondo reale; volendo formare un gruppo rock, dovettero farlo seriamente, convinti di raggiungere il successo. Decisero quindi di muoversi con determinazione ma anche con la dovuta accortezza.

Nel corso del 1970 provarono, scrissero numeroso materiale (erano tutti compositori), e rifinirono il tutto suonando quasi esclusivamente in situazioni informali. Non avevano intenzione di precipitarsi da nessuna parte. Brian, ripensando agli inizî della carriera del gruppo, così ricordò: Dato che stavamo abbandonando le nostre carriere, per le quali c’eravamo duramente preparati, volevamo fare davvero un buon lavoro con la musica. In realtà, tutti noi avevamo qualcosa da perdere, e non è stata certo una decisione facile. Per essere franco, nessuno di noi si era reso conto che ci sarebbero voluti tre anni per concludere qualcosa di buono. Non è stato facile…

F, Roger e Brian, vissero una serie di speranze che cominciarono a somigliare alla realtà agl’inizî del 1971, quando, con la dovuta calma, cercarono un bassista, e dopo avere scartato sei candidati in rapida successione, trovarono il fortunato settimo. Apparve cioè John Deacon, a completare lo schieramento che il mondo iniziò a conoscere e amare. Suonarono per la prima volta, con il nome Q, in giugno al College of Estate Management di Hornsey. Per mesi e mesi continuarono a scrivere canzoni e le perfezionarono davanti a un pubblico formato solo da amici, con svariati concerti in locali e pubs. Sin dall’inizio si orientarono nella ricerca e nello sviluppo di quel suono teatrale, corposo, duro ma originale e dolce al momento giusto, che avrebbe sempre contraddistinto i Q. I pochi fortunati, che ebbero occasione di assistere alle prime esibizioni, non avrebbero mai immaginato di trovarsi di fronte al gruppo che di lì a poco, avrebbe sconvolto le regole musicali. Tra luglio e settembre ci fu un breve tour nel sud-ovest inglese organizzato da Roger. Per qualche strana ragione, il solo concerto che tutti ricordano è quello tenuto a Truro…

All’inizio del 1972 furono invitati a collaudare la nuova attrezzatura degli studî di registrazione De Lane Lea a Wembley e a dare dimostrazioni in studio ai potenziali clienti. Questo ingaggio occupò tutto il primo semestre, e avendo loro in cambio libero accesso e utilizzo degli studî, approfittarono del tempo a disposizione e di tutta la nuova tecnologia, per registrare demo dei loro primi brani, 'Liar' e 'The night comes down', che figureranno nell’album d’esordio, oltre a 'See what a fool I’ve been' e 'Stone cold crazy'. Anche Roy Thomas Baker, dei Trident Studios, visitò il posto accompagnato da John Anthony, il quale, avendo prodotto il singolo degli Smile, già conosceva May e Taylor. Baker, aveva appena costituito una sua società di produzione, e rimase folgorato dai Q che stavano provando ‘Keep yourself alive’; per sua stessa ammissione si disinteressò completamente degli aspetti tecnici dello studio. Subito quelli della Trident ne furono informati, ma malgrado la buona impressione avuta dai demos, vollero vedere i Q in scena, di fronte a un pubblico vero, per realizzare se veramente potessero funzionare. Il 6 novembre, Baker organizzò quindi un concerto al Pheasantry a Chealsea. Alla Trident piacque moltissimo ciò che successe e così, grazie alla determinazione di Baker, i Q firmarono un contratto di produzione, editoriale e manageriale con la Trident Audio Productions. Quest’ultima non aveva ancora acquistato piena fiducia nei quattro, infatti consentì loro di registrare soltanto quando gli studî non fossero stati occupati da altri. Malgrado questo e altri inconvenienti iniziali, i Q furono nell’insieme soddisfatti e rimase solo da trovare una vera casa discografica. Di ciò si occupò il responsabile della Trident, Jack Nelson, il quale riuscì a piazzare l’album alla EMI, assicurando così al gruppo il suo primo contratto discografico. La EMI intese utilizzare i Q come trampolino di lancio per una sua nuova etichetta di heavy rock. Le sedute di registrazione che sfociarono in ‘Queen’, cominciarono in dicembre, ai Trident Studios, e terminarono nella primavera dell’anno successivo. In quel periodo, gli spettacoli divennero qualcosa di matrice molto più rock rispetto all’album: il più importante si ebbe al The Marquée, a Londra il 20 dicembre. Avrebbero rischiato di andare troppo in là suonando per un pubblico che non capisse ciò che udiva; fecero quindi un po’ di hard rock, col proposito di far crescere i Q, dando al pubblico qualcosa che potesse afferrare. Brian: Se vai in scena e la gente non conosce il tuo materiale… puoi diventare noioso se fai tutto il tempo roba tua.

Quando tennero il concerto il 9 aprile 1973 al Marquée (per la seconda volta), pensarono al fatto come a un momento promozionale per il nuovo album, presentando i varî brani, dato che lo stesso avrebbe impiegato altri tre mesi per arrivare nei negozî. Per quanto il concerto sortì un buon risultato e attirò l’attenzione della stampa, la spinta promozionale non si ebbe proprio per la mancanza dell’album. Quando finalmente, arrivò il momento, la EMI si attirò accuse di eccessi ed esagerazione nella grande campagna pubblicitaria. Forse proprio per questo il singolo ‘Keep yourself alive’ non apparve mai in classifica in Inghilterra e fu rifiutato dalla programmazione di Radio One per ben cinque volte!; la reazione del pubblico alla comparsa dei Q invece, fu più che soddisfacente. Freddie: Abbiamo cominciato in un periodo di crisi musicale; sappiamo di avere qualcosa di nuovo da dire e siamo impazienti di fare la nostra entrata trionfante nel mondo del rock. Avremmo voluto realizzare un disco il più in fretta possibile, ma per fortuna siamo riusciti a trattenerci. Abbiamo studiato tutto in ogni minimo particolare, in modo che tutto fosse perfetto, non potevamo permetterci di uscire fuori con qualcosa di sbagliato. Abbiamo curato gli arrangiamenti, l’immagine, per poter esordire nel migliore dei modi. Nonostante ciò, la critica impiegò ancora molti anni prima di comprendere le potenzialità del gruppo, soprattutto del raffinato impasto di sovrapposizioni vocali con una base tipicamente hard rock. Molti anni più tardi Freddie ricordò: Nei primi anni la critica sembrava ostinata a stroncare la nostra musica. All’inizio questa cosa ci dava molto fastidio; mi ricordo che mi sono arrabbiato più di una volta con i giornalisti che si limitavano a etichettarci velocemente, senza analizzarci più a fondo. Visto che invece il pubblico ci sosteneva, ci siamo convinti che la ragione non stava dalla parte della critica. Anzi fu proprio il contrario. Se il pubblico vuole divertirsi, che si diverta, ne ha tutto il diritto. La musica è fatta proprio per questo, no? I Q intanto, assistettero impotenti all’ascesa dei nomi grossi del movimento glam, Roxy Music, David Bowie. Freddie: Siamo stati glam rockers prima degli Sweet e di Bowie, ma ora siamo preoccupati perché potremmo aver esordito troppo tardi. Ciò malgrado, il gruppo aveva motivo di essere tutt’altro che pessimista; i gloriosi assoli di chitarra di Brian, e le parti vocali più aggressive di Freddie lentamente influenzarono profondamente il futuro di questo genere, istigando a esempio l’innovazione hard di un gruppo di grande successo, The Sweet. Nell’estate, anziché promuovere l’album, la band si ritirò assieme a Roy Baker per preparare il secondo lavoro ‘Queen II’. Questo ottenne l’immediata irruzione commerciale e si svelò un album seminale, riconosciuto più tardi da Nuno Bettencourt degli Extreme, come una fonte primaria di ispirazione. L’hard rock pomposo di ‘Father to son’ influenzò anche le risposte americane ai Q (i.e. gli Styx): ricco di concetti mitologici, ben trasferiti nell’epico rock di ‘Ogre battle’, o di reminiscenze folk come in ‘White Queen’. Il 5 febbraio, registrarono per la prima volta a Radio One, brani che finirono su Sounds of the Seventies (suoni degli anni settanta), ma Brian sentì ancora la necessità di cominciare un lavoro part-time come insegnante a Stockwell, sud di Londra, per guadagnare un po’ di denaro. Novembre e dicembre furono dedicati a un tour britannico dei Mott the Hoople, per i quali i Q facevano da spalla. I fan dei primi furono scioccati e sorpresi dall’ultima scoperta in fatto di moda di Freddie… smalto da unghie nero. Un Freddie confidenziale disse: l’opportunità di suonare con i Mott fu grandiosa, ma sapevo troppo bene che nel momento in cui la Gran Bretagna non si sarebbe più preoccupata di quel tour, noi saremmo stati sulle testate dei quotidiani. Questo tour stabilì infatti, l’inizio della Queenmania – la risposta del pubblico fu tale, che i Mott chiesero loro di essere la spalla anche per il tour negl’USA dell’anno successivo, e l’agenzia Mam ingaggiò i Q per un tour britannico nella primavera dopo, nel quale sarebbero stati in testa al cartellone. In giugno, sotto il nome di ‘Larry Lurex’ (copiato dal popolare Gary Glitter), pubblicarono un nuovo singolo, una cover del successo dei Beach Boys (‘I can hear music’) e una di Dusty Springfield (‘Goin’ back’). Lo registrarono ai Trident Studios, con la produzione di Baker, e la prima cover fu realizzata senza Deacon. Fu in disco teso a evidenziare le già svettanti qualità vocali di Mercury, ma solo in tempi recenti ne venne confermata la paternità. Divenuto quindi un prezioso pezzo da collezione, fu contraffatto anche da ristampe non autorizzate per soddisfarne la forte richiesta. In 13 settembre Radio Lussemburgo registrò il loro concerto all’Ippodromo Golden Green a Londra, e lo trasmise un mese prima che il gruppo visitasse il Granducato.

Nel 1974 finalmente le cose cominciarono a funzionare per il giusto verso. ‘Seven seas of rhye’, venne registrato per la seconda volta e pubblicato come singolo. Il successo si ebbe in Gran Bretagna così come in Giappone, in Europa così come negl’USA. Brian ricordò così la prima volta che i Q suonarono in America: quando siamo andati a L.A. per la prima volta, avevamo fatto il tutto esaurito per un paio di sere in un locale piccolissimo. Io sono andato a vedere i Led Zeppelin al Forum e ho pensato "Gesù Cristo, se mai suoneremo qui, sarà il sogno definitivo divenuto realtà". La band suonò a Melbourne, per il festival della musica australiano, nel febbraio ’74, lo stesso mese in cui il singolo ‘Seven seas of Rhye’ raggiunse il 10° posto della classifica. Tutta la primavera fu dedicata a una serie di concerti inglesi e statunitensi. Il 16 marzo, all’Università di Stirling, scoppiò un disordine tra il pubblico dopo che i Q non tornarono sul palco per il quarto bis. Due degli spettatori vennero accoltellati, e anche due componenti del seguito della band rimasero feriti. Il concerto della sera successiva al Barbarellas di Birmingham fu annullato e riprogrammato per il 2 aprile. Uscito il 13 luglio, ‘Queen II’ raggiunse il quinto posto e, così come Freddie aveva previsto, il gruppo sarebbe presto stato al centro dell’attenzione. In America, le cose si misero davvero bene: la Elektra/Asylum, la loro casa discografica statunitense, si avvalse ancora della fama conseguita negli anni sessanta, e questo si tradusse in un buon rapporto con la stampa specializzata. In più, il loro tour d'esordio nel paese, li vide a supporto dei Mott, gruppo caldo in America quanto in patria. Purtroppo, dopo cinque serate a New York, tutto s’interruppe bruscamente quando Brian scoprì di aver contratto l’epatite. Tornarono in Inghilterra cercando consolazione alla battuta d’arresto, mettendosi a comporre materiale per il terzo LP, la piccola meraviglia ‘Sheer heart attack’, considerato un classico dell’hard rock, il quale fu registrato in non meno di quattro studî. Subito dopo le prime sessioni di registrazione, si videro bloccati di nuovo a causa di un altro problema fisico di Brian: un’ulcera allo stomaco. Dopo aver fatto del loro meglio per superare quest’ulteriore avversità, tutto cominciò ad andare per il meglio. Dal nuovo album fu subito tratto un singolo di enorme successo, ‘Killer Queen’, che raggiunse il secondo posto in ottobre, bloccato solo da un brano di David Essex; anche l’album arrivò allo stesso posto, ponendo il gruppo, con una forza inaspettata, nel panorama musicale. A quel punto ci fu il giro di boa. Mentre il gruppo era in tour in Giappone, i suoi quattro primi album si trovarono tutti nella classifica britannica. A proposito del singolo, Freddie disse: il brano tratta di una ragazza squillo dell’alta borghesia… cercavo di dire come anche tra la gente di classe, vi possano essere delle puttane… Brian: era il brano che meglio riassumeva il nostro genere di musica, e si rivelò subito un grande successo – ne avevamo un disperato bisogno. Eravamo semi-sconosciuti, senza un soldo, proprio come una qualunque altra band di rock’n’roll che lotta per emergere… Freddie trovava il successo esilarante… e come gli anni adolescenziali, un poco spaventoso. Sono molto emotivo, confessò Freddie, e mentre prima per prendere una decisione mi era dato del tempo, ora praticamente tutti noi, siamo talmente tesi che quasi ‘suoniamo’. Ci scambiamo sempre opinioni diverse e opposte, e credo che sia un segno salutare, perché andiamo sempre alla radice del problema e ci spremiamo per dare il meglio. Ultimamente sta succedendo così tanto, con un tale crescendo, che tutti vogliono un risultato immediatamente, e ciò mi rende molto lunatico.

Nel 1975, i Q tornarono in America, e avvalendosi del massiccio sostegno della Elektra, intrapresero un tour su scala federale – questa volta come gruppo principale. Ma il secondo tentativo dei Q di irrompere negli USA, ebbe lo stesso risultato del primo. La sfortuna tornò a colpire i quattro: i critici della stampa specializzata, parlarono di loro come di una brutta copia dei Led Zeppelin, e ciò costò parecchio in termini d’immagine; inoltre stavolta fu Freddie ad ammalarsi. Contrasse improvvisamente una laringite e gli furono diagnosticati anche dei sospetti noduli alla gola – malanno abbastanza comune tra i cantanti. La domanda di spettacoli e l’entusiasmo alle stelle, significavano per il gruppo anche esibizioni mattutine nei posti più vari, oltre a quelle serali; ma la malattia del cantante portò a cancellare moltissimi impegni. Infatti, dopo il concerto a Washington del 24 febbraio, egli era in pratica incapace persino di parlare. Il tour riprese il 5 marzo ma si ripresentò lo stesso problema; per fortuna stavolta, solo un concerto dovette essere cancellato. Con un singolo e un LP nelle classifiche statunitensi, il tour ebbe, tutto sommato, un buon successo. Il 7 aprile, fu annullato il concerto conclusivo del tour statunitense a Portland, a causa di ulteriori problemi alla gola di Freddie, sicché il gruppo si concedette una breve vacanza di dieci giorni alle Hawaii, prima di partire alla volta dell’oriente. Molto più felicemente, Freddie ricevette un premio Ivor Novello per ‘Killer Queen’; la sua fierezza come compositore fu alle stelle. Come grafico, fu felice che nel nuovo quarto album ‘A night at the opera’, il crest da lui disegnato ebbe una parte fondamentale per la copertina. In aprile, fu ci fu l’esperienza di un concerto nipponico: a tutt’oggi, il successo di quel tour, continua a rimanere nella memoria. Brian rivelò che in Giappone qualcosa fu improvvisamente chiaro; quando attraversarono la dogana all’aeroporto di Tokyo, c’erano più di 3000 ragazzine che urlavano loro. All'improvviso eravamo i Beatles. Siamo stati letteralmente trascinati via da loro. Provavo un misto tra paura e divertimento. Non si era più una semplice rock band, ma un idolo dei giovani. Dovemmo ammettere che fu divertente. A dispetto del tempo previsto, le sedute di registrazione per l’album, si fecero sempre più complesse, trascinandosi di oltre un mese al di là dei piani. L’LP, secondo le intenzioni dei Q, avrebbe dovuto costituire una pietra miliare nel mondo discografico, anche perché venne realizzato senza utilizzare sintetizzatori. Si fece ricorso a ben sei studî di incisione, talvolta utilizzati dai varî componenti separatamente… le tracce della batteria furono registrate negli studî Rockfield di Newport, nel Galles; le sovraincisioni delle parti vocali agli studî Roundhouse; le parti chitarristiche di Brian May, infine, ai Sarm. Toccò a Baker, assemblare pazientemente i varî pezzi. Nel bel mezzo della lavorazione, si profilarono anche problemi di affari. Nonostante l'uscita dalla Trident da parte di Nelson, il gruppo era ancora insoddisfatto degli Studios. La rottura definitiva arrivò nel settembre, quando l’agenzia rifiutò a John un anticipo di 4000 sterline, destinate all’abitazione della moglie in attesa di un figlio. I Q firmarono un contratto discografico con la EMI e l’Elektra assumendo l’anziano ma esperto manager di Elton John: John Reid. Di Nelson, Freddie come molti altri, pensò fosse un quasi-manager e gli dedicò la canzone ‘Death on two legs’. Per quanto riguarda i Q, la nostra vecchia gestione è morta. In ogni caso con noi non hanno più alcuna possibilità. Ce li lasciamo alle spalle, come ci si può liberare degli escrementi… dopo ci si sente tanto alleggeriti! Nello stesso mese ci fu la pubblicazione del singolo di Eddie Howell ‘Man from Manhattan’, nel quale Brian suonò la chitarra e Freddie cantò e suonò il piano; venne registrato ai Sarm East Studios il mese precedente. Sistemati gli affari, i Q furono pronti a presentare il loro capolavoro, uno dei più costosi della storia del rock; il manifesto dei suoi faraonici eccessi fu il singolo che lo annunciò due mesi prima. Cinque minuti e 52 secondi, era questa la durata di ‘Bohemian Rhapsody’, un brano rivoluzionario, un magniloquente affresco musicale, una sorta di parodia del tipo melodramma italiano che guadagnò a Freddie il suo secondo premio Ivor Novello. Capital Radio ebbe all’epoca una parte di rilievo nel boom commerciale del brano, grazie al suo più intraprendente deejay, Kenny Everett. Questi ottenne in via amichevole dalla band, un nastro provvisorio del brano, con la promessa di non trasmetterlo… che naturalmente non mantenne, e nel fine settimana successivo gli ascoltatori furono bombardati da ripetuti passaggî dell’opera: il lunedì stesso i negozî furono presi d’assalto dai fan che richiedevano il disco, e questa sorta di pubblicità costrinse la EMI, dopo lunghe discussioni, a un’immediata realizzazione del singolo. In circolazione non c’era niente di paragonabile. Così come un altro scala-classifiche degli anni sessanta, degli Animals, ‘House of the rising sun’, ruppe la barriera dei tre minuti e si impose come una potenziale forma d’arte, non come un’altra canzonetta. Freddie: L’idea che un singolo di sei minuti potesse essere suonato frequentemente alla radio, era una specie di miraggio. Non fu certo realizzato in una nottata. Facemmo andare la cassetta su e giù così tante volte che si consumò, ammise ridendo Brian. Quando mettemmo il nastro in controluce e riuscimmo a vedere attraverso questo, la musica era praticamente svanita. Ogni volta che Fred decideva di aggiungere un altro ‘Galileo’, perdavamo qualcos’altro. L’opera di Freddie aveva preso forma sotto la guida di May e Baker, con 180 sovraincisioni vocali in un solo brano, e parti di chitarra sufficienti per dipingere una vera orchestra. Freddie: non è saltato fuori casualmente. Ho fatto un bel po’ di ricerche – anche se il brano ironico, una finta opera… perché no? Di sicuro non pretendevo di essere un fanatico dell’opera, né che sapevo tutto al riguardo. Molti critici hanno stroncato ‘Bohemian Rhapsody’, ma con che cosa si può paragonarlo? Ditemi il nome di un gruppo che abbia fatto un singolo operistico… Eravamo arcisicuri che sarebbe stato un completo successo… Baker ricordò i problemi di registrazione: non venne registrato tutto in una volta… Abbiamo fatto il lavoro della prima sezione e della sezione rock, e per la parte di mezzo abbiamo sparpagliato qua e là un po’ di batteria, dopodiché tutto era pronto – abbiamo soltanto allungato la sezione mediana a seconda di come venivano immesse le parti vocali, visto che Freddie continuava a cambiare idea. Arrivava e diceva: "Ho qualche nuova idea per le parti vocali – qui ci mettiamo questa trovata geniale…" La pista dell’accompagnamento di base era stata fatta nell’arco di due giorni… La parte operistica, era stata fatta in sette giorni di almeno 10/12 ore di lavoro ciascuno, di continuo cantare, e anche di continue risate – era così divertente farlo che mentre lo stavamo registrando, siamo diventati tutti isterici. Poi c’erano tutte le sovraincisioni di chitarra, e ci sono voluti due giorni per missarlo. Direi che questo brano, di suo, ha richiesto tre settimane, dato che sono tre brani fusi in uno… Il pubblico avrebbe fatto proprio un ottimo affare – potevano comprarsi un singolo della durata di sette minuti, e c’erano tre settimane di lavoro sul solo lato A! Negl’anni settanta, toccava ai Q dettare legge. Seguirono nove settimane al vertice delle classifiche, non solo grazie alla musica ma anche al video promozionale – realizzato al costo di sole £ 4.500 – universalmente considerato in assoluto il primo video pop mai realizzato, il quale diede inizio a un modo di operare usato ancor’oggi. John: Prima c’erano stati alcuni che avevano presentato dei clips, ma spesso erano girati su pellicola cinematografica. Fu quasi casuale… a quel tempo eravamo in tour per l’Inghilterra, e sapevamo di non riuscire a registrare per la puntata di ‘Top of the Pops’ quel mercoledì. In quel periodo i nostri manager avevano un’unità mobile, così riuscimmo a realizzare il video in sole quattro ore! Si trattò ovviamente di una vera rivoluzione, perché l’era dei videoclip quali materiale promozionale, era ancora molto lontana nel futuro… Qualche anno dopo questo enorme successo, Freddie disse: Potremmo certo rifare da capo "Rapsodia", ma a che scopo? Per la smania di migliorare una canzone, si fanno dei grossi errori. Al successo del singolo, seguì quello dell’album. Il gruppo considerò ‘A night at the opera’ come il suo fiore all’occhiello per molto tempo; un po’ come ‘Sgt. Pepper’, l’equivalente dei Beatles. Anche ai membri meno appariscenti come Roger, venne dato spazio: una sua composizione ‘I’m in love with my car’, spiccò per l’intensa prova vocale del suo autore, che in quell’occasione relegò Freddie ai cori. Il nuovo LP portò loro milioni di ammiratori: il successo di ‘Bohemian Rhapsody’ assicurò ai Q il loro primo disco di platino, quando nel dicembre uscì ‘Opera’. il clamoroso exploit venne festeggiato la vigilia di Natale in una trasmissione della BBC, ‘Old Grey Whistle Test’, dall’Hammersmith Odeon di Londra. Subito dopo diedero avvio a un tour britannico di buona riuscita. Freddie: A un certo punto, due o tre anni dopo che avevamo cominciato, ci eravamo arresi. Sentivamo che non funzionava, che nell’industria musicale c’erano troppi squali, e che per noi tutto stava andando troppo oltre… ma qualcosa dentro di noi ci ha fatto andare avanti, e nel bene e nel male abbiamo imparato dalle nostre esperienze… Non abbiamo guadagnato niente fino al quarto album. La maggior parte delle nostre entrate se ne andava in cause legali e cose del genere.

Se il 1975 fu il punto massimo per i Q, il 1976 fu qualcosa di più. I Q trascorsero la prima parte dell’anno promuovendo il quarto LP, attraverso un tour statunitense, al quale seguirono concerti in Giappone e Australia. Malgrado le iniziali resistenze delle radio britanniche, che impedirono un immediato successo di album e singolo, alla fine del tour mondiale, entrambi erano insediati nelle Top Ten inglesi. May e Mercury collaborarono a un singolo di Eddie Howell; nel febbraio, insieme a Taylor, cantarono e suonarono nel brano ‘You nearly done me in’ dell’album di Ian Hunter (ex leader dei Mott) ‘All american alien boy’, pubblicato il mese successivo. In estate, mentre usciva il loro secondo singolo ‘You’re my best friend’, entrarono in studio per registrare l’ideale seguito dell’Opera. Le sedute di registrazione vennero interrotte saltuariamente da concerti in settembre, che finirono per cementare la crescente popolarità della band. Forse l’esibizione più significativa fu il concerto gratuito del 18 settembre all’Hyde Park di Londra per 150000 fan in delirio, trasmesso dal vivo da Capital Radio, nel quale i Q furono primi in cartellone. Brian: Il concerto fu davvero uno sballo – l’occasione più che il concerto stesso… la tradizione di Hyde Park. (Fin dal 1968 era infatti sede di eventi del genere, il più famoso dei quali fu quello dei Rollin Stones del luglio ’69). Ero andato a vedere il primo, con i Pink Floyd e i Jethro Tull – un’atmosfera grandiosa e la sensazione di libertà… Sentivamo che sarebbe stato bello riproporre quell’atmosfera, ma avevamo anche una gran paura perché c’era un’infinità di problemi. Era abbastanza difficile tenere la scena da soli. Abbiamo dovuto scendere a compromessi, e alla fine, dato che avevamo superato di una buona mezz’ora il programma, non abbiamo potuto dare nemmeno un bis. Il loro attesissimo quinto album ‘A day at the races’, registrò mezzo milione di prenotazioni e non sorprendentemente raggiunse il numero 1, nel periodo natalizio (uscì il 10 dicembre). Fu il primo a essere prodotto interamente dal gruppo, grazie a un allontanamento amichevole e "costruttivo" di Baker dal gruppo; entrambe le parti volevano provare qualcosa di nuovo… L’overdose perfezionistica che aveva portato al compimento dell’Opera, si tradusse, infatti, in un cumulo di tensioni non ancora smaltite. A parte l’hit ‘Somebody to love’, fu un lavoro privo di energia e di idee, una tra le pochissime parentesi da dimenticare fra le produzioni dei Q. Il titolo e la copertina, di nuovo nel segno ispirativo del film dei fratelli Marx (proprio Groucho Marx inviò ai Q un telegramma di congratulazioni), furono l’ideale seguito dell’Opera, ma il repertorio non fu altrettanto fiammeggiante. Nonostante tutto, l’entusiasmo del pubblico fu alle stelle. Per l’occasione diedero un ricevimento all’ippodromo di Kempton Park, mentre il singolo ‘Somebody to love’, arrivò al numero 2 della classifica. In dicembre subirono l’onta di dover rinunciare all’apparizione in uno show televisivo, ‘Today’, perché il presentatore preferì invitare i Sex Pistols, i più oltraggiosi rappresentanti dell’emergente punk rock. La filosofia punk avrebbe voluto cancellare ogni eccesso tecnico, ogni condizione privilegiata da superstar dai dominî del rock, ma fu esattamente antitetica rispetto lo stile di vita di Freddie.

Col 1977, iniziò per i Q un tour americano, con a fianco i Thin Lizzy, quale gruppo di spalla. Brian: Siamo stati totalmente ignorati da tutti per un certo tempo, poi siamo stati fatti a pezzetti da molti. In un certo senso per noi questo è stato un buon inizio. Non ci è stato risparmiato proprio niente, e soltanto al tempo di ‘Sheer heart attack’ le cose hanno cominciato a cambiare… Sono sempre rimasto ferito dalle critiche. Credo che la maggior parte degli artisti siano tali anche se la critica sostiene che non lo sono: comunque, non importa quanto tu sia bravo, se qualcuno dice che sei una merda, rimani male… Ma questo era soltanto il parere della critica inglese, perché nel resto del mondo stavamo crescendo alla grande. ‘Queen I’ ha venduto davvero bene per un lungo periodo, e ha coinciso con la nostra attività concertistica a largo raggio. Così siamo davvero maturati quale gruppo e abbiamo avuto il nostro pubblico prima che la stampa si occupasse di noi. In realtà, credo che sia stato un buon inizio, perché eravamo ben preparati… Voglio dire una cosa riguardo al punk rock: penso che per i gruppi si stia creando una strada davvero salutare; penso però che forse la gente è spinta alla ribalta troppo presto, e c’è anche la tendenza a privilegiare l’immagine rispetto alle scelte musicali; se li lasceranno fare, sono sicuro che da tutto ciò verrà fuori qualcosa di valido… Avere i Lizzy quale gruppo spalla è stata una vera sfida. Loro tenteranno di spazzarci via dal palco, e questa sarà una cosa davvero salutare. Si viene stimolati dall’energia altrui, e so che se loro scateneranno una tempesta, allora noi riusciremo a esprimere un grande sentimento… e questo determinerà dei buoni concerti. Finora, in tournée abbiamo avuto delle situazioni diverse, e credo che nei nostri primi tour in Gran Bretagna e negli USA, abbiamo reso difficile la vita ai Mott the Hoople. Alcuni critici statunitensi ricusarono il gruppo di Freddie, inneggiando ai Lizzy; risultato: nuovi fans, incuriositi dalle critiche positive sui Lizzy, finirono poi per invaghirsi dei Q. L’"anniversario d’argento" per la regina (era il Giubileo del suo regno), vide la band allontanarsi dai riflettori, per permettere a Elisabetta II di godersi il suo momento di gloria. Freddie: Il Giubileo è stato abbastanza divertente… Io amo la Regina. Sono davvero patriottico. Amo tutta quella pompa, quella regalità, naturalmente! La amo… lei fa cose davvero oltraggiose! Passarono otto mesi in tour all’estero: Usa, Canada e Europa, mentre in loro assenza, ‘Bohemian Rhapsody’ vinse il premio Britannia per il miglior singolo degli ultimi 25 anni. In questo particolare anno, escogitarono un espediente ancora più spettacolare per i loro concerti: fecero costruire un’enorme corona che circondava il palco, sostituendo la normale impalcatura per le luci. La costruzione, visto l’enorme gradimento che riscosse, li accompagnò per l’intero tour mondiale, e la loro fama in quanto a stravaganza e originalità quasi sopraffece quella di artisti e professionisti "serî". Quest’anno, oltre a rappresentare un’importante ricorrenza, fu anche l’anno del punk, e i Sex Pistols celebrarono la dicotomia con il singolo ‘God save the Queen’. Ma il punk non toccò proprio i Q. Roger: Stavamo registrando un album porta a porta con i Sex Pistols; un giorno Sid Vicious entrò e gridò a Freddie: ‘Ehi Fred, così hai veramente messo il balletto a portata della massa?’ Freddie si voltò e rispose soltanto ‘Ah, signor Ferocious (feroce). Beh, stiamo facendo del nostro meglio, caro!’ Dopo 3 mesi di tour americano, i Q scelsero di celebrare il Giubileo, partecipando a due serate ufficiali al londinese Earls Court. Qui allestirono un fastoso spettacolo, rimettendoci 75.000 sterline a causa dei costi delle luci speciali e di tutti gli altri effetti di cui si avvalsero. La stampa specializzata britannica, non gradì affatto quella loro scelta. I critici più imprudenti esaltarono le band giovanili e anarchiche; per questi, un personaggio come Mercury, che andava offrendo champagne al suo pubblico, rappresentava tutto ciò di sbagliato c’era nel rock. In uno scontro-intervista al New Musical Express, Freddie sostenne senza mezze misure che il rock per lui era essenzialmente glamour, non vedendo ragioni per pretendere qualcosa di diverso… con l’avvento del punk, i Q passarono di moda presso la gioventù inglese, e il loro rapporto con la stampa si contrasse ulteriormente. Prima di tornare negli USA per un tour di altri due mesi, tra luglio e settembre, la band rientrò ai Basing Street e ai Wessex Studios per registrare l’album ‘News of the world’; fu questo l’album di quell’anno, che arrivò sulle vetrine il 28 ottobre. In quell’occasione, Freddie declinò la responsabilità delle lead-vocal a May e Taylor, i quali conquistarono più spazio anche riguardo alla stesura dei brani. in America, ‘We are the champions’ divenne il loro singolo più venduto, al numero 4 della classifica. Nel corso della tournée dilagò in tutta l’America, arrivando a essere disco di platino, nonché autentico inno di massa. Quella canzone, ‘We are the champions’, è stata raccolta dai tifosi di calcio perché è una canzone per vincenti, spiegò Freddie, che celebrò il successo statunitense dei Q comprando a New York un pianoforte laccato di 2,75 metri. Ai doganieri statunitensi occorsero 73 ore per organizzare la spedizione in Gran Bretagna! Questo era il genere di gesta esagerate che Freddie sapeva il suo pubblico si aspettasse da lui. Penso proprio che noi attraversiamo il rock’n’roll, e che non ci siano barriere, è un campo aperto. Credo che sia così specialmente adesso, poiché ognuno sta esprimendo le sue sensazioni e vuole inoltrarsi in nuovi territorî. È questo che ho tentato di fare per anni. Nessuno ha incluso la danza. Voglio dire, che sembrava tanto oltraggioso, tanto estremo, ma io so che verrà un tempo in cui sarà normale… Il termine rock’n’roll è soltanto un’etichetta dalla quale si parte. Mi piace pensare al rock come a una grande porta spalancata; vi portiamo attraverso tutto quello che possiamo in campi diversi. Le etichette provocano confusione, e io non le sopporto… La gente vuole arte. Vuole l’industria dello spettacolo. Vuole vederti fuggire nella tua limousine. Se tutto quello che si legge sulla stampa fosse vero, oggi mi sarei bruciato… noi estrarremo le pistole, e se saremo i più veloci, sopravviveremo…

La parte europea del tour, proseguì da gennaio a marzo del 1978, e fu registrata per un’eventuale uscita di un doppio album dal vivo. Il tour si concluse con quattro date britanniche – due alla Bingley Hall nel nord, e due allo stadio di Wembley; fu registrato in svizzera e fu un anticipo di novità in arrivo. Il confermato rigetto nei confronti di album che necessitino di una laboriosa gestazione in studio, non impedì però ai Q di rinnovare il feeling con Baker, il quale tornò a occuparsi del gruppo nei tre mesi di registrazione (a Montreux e Nizza) di ‘Jazz’. May aveva un brano intitolato ‘Fat bottomed girls’ (ragazze culone); Mercury ne aveva uno intitolato ‘Bicycle race’ (corsa in bicicletta). Qualcuno dallo spirito discutibile, decise di promuovere il singolo ‘Bicycle Race/Fat Bottomed girl’, con un unico video storico: una corsa in bici nello stadio di Wimbledon con la partecipazione di una frotta di ragazze nude. Il tutto venne filmato da Steve Wood. Oltremodo oltraggioso rispetto agli standard dei Q, creò una pubblicità inaspettata (la foto del deretano di una ragazza venne utilizzato per la copertina del singolo e per un poster) e un mucchio di storie, una delle quali insinuava che la compagnia che affittò le bici avesse voluto in seguito sostituire tutte le selle. Malgrado non fosse altro che un gran divertimento, il fatto attirò sui Q critiche, illazioni, polemiche e ogni altro genere di sottintesi sessuali. New Musical Express pubblicò una foto di Freddie con la dicitura esplicativa: ‘Fat bottomed Queen’. Ma il gruppo non ebbe neppure il tempo di rendersi conto del putiferio creatosi attorno a esso: passò il resto dell’anno in tournée negli USA. Ma portare ragazze nude sul palco nella sezione di ‘Jazz’, non era quello che ci voleva per calmare la controversia… anche negli USA le polemiche divamparono; venne filmata una "corsa" simile a quella di Wembley, intorno al Madison Square Garden, con il risultato che poster e copertina del singolo vennero banditi in alcuni stati della federazione… Brian disse: Con quella faccenda abbiamo perso un po’ del nostro pubblico. "Come avete potuto farlo? Non centra nulla col vostro aspetto spirituale!". Ma la mia risposta è che l’aspetto fisico è parte di una persona proprio come lo sono l’aspetto spirituale e quello intellettuale. Si tratta di divertimento. Tutta la musica ruota attorno alla sessualità, e talvolta in maniera molto esplicita e volgare. La nostra non lo fa. Nella nostra musica, il sesso è implicito, o trattato con ironia, ma c’è sempre. Nel corso dell’estate la EMI venne insignita del Premio Reale per l’Industria. Per festeggiare, la direzione decise di produrre 300 copie di ‘Bohemian Rhapsody’ su vinile color "porpora reale"… Uscito in novembre, mentre il gruppo era ancora in tour negli Stati Uniti, ‘Jazz’ raggiunse il secondo posto e fu lanciato da un party a New Orleans, a cui parteciparono nani-folletti, maghi, prestigiatori e lottatori nudi nel fango. A parere di molti, l’album non fu altro che un’accozzaglia di goffi tentativi di esaltare le doti fino ad allora dimostrate dal gruppo stesso di ottenere quell’ambita armonia tra le espressioni operistiche e rock-pop…

Il 1979 fu memorabile anche per i Q. A due mesi di tour europeo, ne seguì uno di permanenza in Giappone. Come già detto, le date europee vennero registrate, e l’estate successiva venne tratto un doppio LP: ‘Live Killers’ appunto, che fu perfezionato nei Mountains Studios a Montreaux – alla banda piacquero così tanto che li comprarono! A Brian fu dedicata un’intera facciata; egli si poté finalmente esibire in una serie di assoli tutt’altro che banali e alcune canzoni risultarono perfino migliori delle versioni registrate in studio. Fu evidente che il loro spirito avventuroso aveva ormai esplorato a fondo il filone aureo dell’hard pomposo. Ma non si poté parlare di un coronamento di un’epopea poiché l’album soffrì di un missaggio non all’altezza del vantato perfezionismo del gruppo. Negli anni del dopo punk, l’imponente apparato scenico dei Q venne liquidato come eccessivo; alcune fasi prolisse, specie in sede di assolo, divennero il bersaglio favorito di una parte della critica, la quale si avvaleva delle ammissioni di Roger, che affermava apertamente di odiare l’album… una performance standard, condizionata da un suono grezzo. L’inclusione di ‘Bohemian Rhapsody’, nella maggior parte della quale i Q che si udirono furono quelli dell’album originario, ad alcuni sembrò un vero passo falso. Brian: Non è un brano da palcoscenico. A un sacco di gente non piace che noi lasciamo il palco. Ma per essere franchi, io preferisco che ce ne andiamo piuttosto che metterci a suonare su una base registrata. Essere lì e suonare su una base registrata è una situazione totalmente fasulla. Piuttosto, preferiamo sentirci criticare e rispondere "Vedete, non si tratta di qualcosa che si possa suonare in scena. È un brano assemblato in studio. Ve lo facciamo sentire perché crediamo che vogliate ascoltarlo". A ogni modo l’LP permise ai Q di realizzare il successivo lavoro, sfornando altri brani di successo come ‘Save me’ e ‘Crazy little thing called love’. Quest’ultimo, raggiunse i vertici della classifica americana, con 13 settimane di permanenza in quella britannica; mostrò i nuovi Q, il nuovo sound, la nuova immagine, e un divertente video che piacque persino alla critica. Freddie dichiarò di averla scritta in bagno. Una volta ho portato un piano elettrico a fianco del mio letto. Sono diventato famoso per scrivere testi in piena notte, senza accendere la luce. Roger: Non è esattamente rockabilly, ma ha quell’atmosfera del primo Elvis, ed è stato uno dei primi dischi a esprimerlo. Infatti, ho letto da qualche parte – credo fosse il ‘Rolling Stone’ – che John Lennon l’ha ascoltata e gli ha dato la spinta per ricominciare a registrare; se è vero – e ascoltando il suo ultimo album sembra stia esplorando simili influenze– questo è meraviglioso! Brian: Noi non siamo un gruppo da singoli. Non leghiamo e non abbiamo mai legato la nostra reputazione ai singoli, anche se credo che abbiano portato parecchî giovani ai nostri concerti. I Q scoprirono un’inattesa risorsa nel loro ingegnere del suono, Mack; le sue idee affascinarono il gruppo a tal punto che, egli finì per essere accreditato quale coproduttore, e da quel momento lavorò regolarmente con loro. Con John Reid le cose finirono come con la Trident, e il gruppo decise di gestirsi da sé, con l’aiuto di varî collaboratori. John Deacon, mise a punto un progetto per l’aspetto finanziario delle loro attività. Brian: Non è che volessimo particolarmente occuparci di quel lavoro, ma abbiamo deciso che era il modo migliore di realizzare esattamente quello che volevamo e di controllare il nostro destino. Roger: Proprio non volevamo che ci vedessero fallire. È questo che ci ha fatti andare avanti. Il tour britannico dell’autunno toccò un certo numero di piccoli locali nei dintorni di Londra; fu il ‘Silly Tour’ (Tour Idiota), durante il quale misero piede (chi l’avrebbe mai detto) a Purley o a Tottenham… Brian: Alla fine abbiamo creduto fosse importante tornare a contatto diretto col pubblico. Se la gente non ti vede a casa sua, può quasi sembrargli che tu non esista. Per noi è stato anche un sollievo, dopo aver suonato in posti enormi – è bello essere in un posto dove la gente può davvero vederti e sentirti. Il vantaggio di quello che stiamo facendo stavolta, è che – dato che i nostri sistemi sonori e di illuminazione sono i migliori che abbiamo mai avuto – possiamo davvero dare un pugno nello stomaco del pubblico. L’unico vero svantaggio è che non tutti riescono a vederci – penso che quelli che vi riescono, si divertano davvero molto di più. È anche un gran spasso, poiché il risultato è molto immediato e più cospicuo… Nei grandi posti si tende a perdere questa intimità, ma d’altra parte si guadagna qualcosa di diverso. Provi la sensazione dell’avvenimento speciale, e più gente c’è, più grande diviene la tensione. Ne consegue che lavori molto più duro, in particolare per raggiungere la gente che sta verso il fondo… Dubito fortemente che torneremo a suonare nei grandi posti inglesi, perché in realtà non ce ne sono molti che vanno bene. Bingley andava abbastanza bene, ma è una schifezza per la gente che viene a vederci; lo stesso vale per il Nec di Birmingham – che è decisamente troppo grande… è giusto fare concerti in quel genere di posti una volta, e vedere come sono, ma ce ne sono molti nei quali non vogliamo tornare. Io non voglio più tornare all’Earls Court, e neppure a Wembley, ed è probabile che dopo che avremo suonato all’Alexandra Palace, non ci torneremo più. Ma vale la pena di tentare, perché stiamo cercando di fare alcune cose speciali per Ally Pally. Vogliamo fare un grande concerto londinese, per radunare tutta la gente che altrimenti non riusciremmo a raggiungere… Non vogliamo diventare artificiosamente esclusi. Odierei arrivare al punto in cui, della gente che vuole sinceramente vederci, e che non possa permettersi di comprare il biglietto, non possa vederci del tutto. Nel Boxing Day, 26 dicembre, venne filmato e registrato un concerto all’Hammersmith Odeon per raccogliere fondi a favore degli scampati alla guerra in Kampuchea; solamente il brano ‘Now I’m here’ sarà pubblicato. Durante questo concerto di beneficenza, annunciarono di essere stati contattati dal famoso regista Dino de Laurentiis il quale chiese loro, di comporre la colonna sonora per il suo successivo film, Flash Gordon, un rifacimento della serie televisiva di fantascienza degli anni trenta. Dissero che avevano accettato; era la loro prima colonna sonora filmica.

Il 1980 fu questo un anno febbrile: tour negli USA e in Europa, sedute conclusive di registrazione di ‘The game’ e della colonna sonora di ‘Flash Gordon’… Dalla realizzazione di album senza l’uso di sintetizzatori, in ‘The Game’ se ne videro anche troppi; questo raggiunse i vertici delle classifiche di tutto il mondo. ‘The game’ fu l’album del rinnovamento anche per quanto riguarda il look: vennero adottati i giubbotti in pelle nera e i capelli corti, più vicini alla mentalità anni ottanta. Freddie: Il fatto è che bisogna saper cambiare. Io odio fare la stessa cosa, volta dopo volta, non lo sopporterei. Mi piace scoprire cosa c’è di nuovo nel mondo della musica, del cinema e del teatro, e la cosa più eccitante è incorporare tutte queste cose nei Q, nella nostra musica. Facciamo solo quello in cui crediamo. Nel momento in cui l’ultimo album uscì, il gruppo era in tour in Nord America – in Canada raggiunse il platino per sette volte da solo – mentre ‘Another one bites the dust’, premiato da Billboard come "Top crossover single", divenne il loro secondo numero uno americano, sia nelle classifiche discografiche riservate al pop, sia in quelle soul. Il brano, forse il singolo più venduto a livello internazionale, fu composto da John: Quando andavo a scuola, ho ascoltato parecchia musica soul, e sono sempre stato attratto da quel genere. Era da un po’ che volevo fare un brano come questo, ma originariamente avevo soltanto il tema e il giro di basso; gradualmente l’ho riempito, e la band ha aggiunto delle idee. Potevo sentirlo come brano da ballare, ma non immaginavo che avrebbe avuto tanto successo. Il brano è stato tratto dall’album ‘The game’, e alcune stazioni radiofoniche nere, degli USA, hanno cominciato a trasmetterlo… In maggio cominciarono i lavori per la colonna sonora, che proseguirono a margine degli impegni concertistici del gruppo fino a ottobre, utilizzando quattro diversi studî di registrazione. Quando i Q decisero di pubblicare ‘Flash Gordon’ come loro album ufficiale, la pubblicazione del ‘Greatest Hits’, prevista per Natale, venne accantonata. L’album ebbe un’accoglienza controversa. Seppero immedesimarsi completamente nella storia e creare una colonna sonora in perfetta sintonia con il film e in grado di soddisfare anche i fan più accaniti della band. Brian: Abbiamo visto venti minuti della pellicola definitiva, e abbiamo pensato che fosse notevole, il massimo… Volevamo fare una vera colonna sonora… è un primato in molti sensi, dato che nessun gruppo rock ha mai fatto niente del genere prima e alcuni hanno fallito nell’impresa – loro ci avevano chiesto di comporre della musica piacevole di sottofondo, il che in pratica ci dava la licenza di fare quello che volevamo, nei limiti di un buon accompagnamento per le immagini. ‘Flash Gordon’ uscì in dicembre. Sempre Brian: Stai indubbiamente progredendo, quando suoni una, due, tre sere di seguito al Madison Square Gardens… Ogni volta raggiungi un numero più grande di spettatori, e ci si rende conto che coloro che si sono divertiti la prima volta tornano portando i loro amici. Costruire sempre… è una bella sensazione. Ma crescere non è tutto, né un fine assoluto; spesso, il fatto di vendere più dischi non significa che la qualità degli stessi sia automaticamente migliorata. Intanto, il rapporto dei Q con la stampa musicale britannica, continuò a essere controverso e difficile. Brian ricordò: Ci sono parecchî piccoli meccanismi connessi al rapporto tra un musicista e la stampa, il che significa – pressoché inevitabilmente – che si finisce per litigare. Ma a noi questo è successo proprio all’inizio… in generale, sarei in grado di riscrivere le recensioni di tutti i nostri album, le buone e le cattive… Si tratta di un modo limitato di vedere le cose, e non appena ottieni successo, diventa perfino peggio… All’inizio pensavo che fosse importante tenere aperti i canali di comunicazione, parlare con chiunque. Alla fine, tuttavia, dopo molte esperienze, si scopre che in realtà questo non funziona. Se qualcuno ha già dichiarato che ti odia, e in te non vede alcun segno di miglioramento, nove volte su dieci, se anche spendi il tuo tempo a tentare di convincerlo di quanto sei bravo, quello prosegue per la sua strada e scrive quello che pensa per partito preso… Ci hanno affibbiato la reputazione di gruppo superbo, che non vuole parlare con la gente, ma il più delle volte questo non è vero, se ne abbiamo il tempo parliamo sempre… ma se qualcuno ti tratta in un modo scorretto o preconcetto, allora è inutile parlargli. Roger: Freddie non parlerà più perché è un po’ stufo che tanto lui quanto i Q vengano rappresentati in maniera sbagliata. Credo che chiunque incontri Freddie rimanga un poco sorpreso; lui non è affatto la primadonna che ci si potrebbe immaginare. Ovviamente ha una spiccata personalità, ma tutti noi siamo così. Quando tutto è detto e fatto, lui lavora dannatamente duro e fa un bello spettacolo. Circa il loro pubblico, Brian disse: Dobbiamo avere proprio una notevole potenza; speriamo soltanto di riuscire a indirizzarla nella giusta direzione. So che la visione di un nostro concerto può sembrare una sorta di raduno di invasati, ma non è così; i nostri fan sono persone sensibili, loro creano la situazione tanto quanto noi, non siamo noi a guidarli come pecore. Si può soltanto suonare della musica che emozioni il pubblico, che lo attragga. È rock’n’roll, non abbiamo motivi filosofici per essere qui… Andare in tour è sicuramente la parte più immediatamente appagante per quello che facciamo, e in realtà non è un grande sforzo – né mentale, né fisico – perché siamo bene organizzati, sappiamo come fare. Tutto quello di cui ci dobbiamo preoccupare, è di suonare bene la sera. Per me, è in assoluto il risvolto migliore del far parte di una band… all’improvviso, la vita ridiventa semplice! Il bilancio complessivo della carriera finora fu di 45 milioni di dischi venduti nel mondo…

Dopo aver conquistato il mondo occidentale, nel 1981 i Q s’imbarcarono nel loro primissimo tour per stadî del Sud America, un territorio pressoché vergine per la musica rock – a parte i nastri pirata. Fu un’impresa difficile che, malgrado loro stessi si considerassero musicisti apolitici, li costrinse a confrontarsi con la situazione politica argentina. Vennero anche attaccati dalla stampa perché si recavano in tournée in paesi considerati politicamente malsani. I primi otto concerti dei Q in Brasile e Argentina, richiamarono in totale oltre mezzo milione di spettatori. Furono il primo di alcuni grandi gruppi rock a effettuare tour in quei paesi, e lo fecero alla loro maniera. Atterrarono in aereo reduci dal tour nipponico con 20 tonnellate di attrezzature sonore, altre 40 tonnellate di materiali arrivarono da Miami (compresa una copertura completa di prato sintetico per proteggere il fondo dei campi di calcio destinati ai concerti) e ulteriori 16 tonnellate di strutture per il montaggio del palco partirono da Los Angeles. Trasportare materiali dagli USA e dal Giappone fu costosissimo; l’organizzazione del tour richiese più di nove mesi; i costi vennero stimati in £ 25.000 al giorno… Fu una sfida, ma la vinsero perché ebbero il più grande ed entusiasta pubblico pagante del mondo fino ad allora – 251.000 allo stadio Morumbi di San Paolo – e ciò rese il sacrificio iniziale più che meritevole. Eravamo veramente nervosi, ammise Freddie in una rara dimostrazione pubblica di ansietà, non avevamo alcun diritto di aspettarci che tutto andasse automaticamente bene in terra straniera. Non credo che avessero mai visto uno spettacolo tanto ambizioso, con quelle luci e quegli effetti speciali. Non aveva bisogno di essere timoroso. Cinque stadî argentini ospitarono i Q in otto giorni, e il pubblico pose ogni album dei Q nei primi dieci posti delle classifiche nazionali. Sempre Freddie: Finché proveremo questa sensazione di avere nuove possibilità e di riuscire a fare breccia in nuovi territorî, così come abbiamo fatto con i tour sudamericani, e facendo programmi per andare in tournée in estremo oriente, saremo davvero felici e dovremo andare avanti. Brian: Era da molto tempo che non provavamo un simile calore da parte di un nuovo pubblico, anche se non abbiamo potuto vedere molto a causa delle oceaniche dimensioni della folla. Adesso ne abbiamo davvero una bella sensazione – come se le nostre ambizioni si fossero realizzate una volta ancora. Roger: In un certo senso sono stato sorpreso del fatto che non siamo stati criticati ancora più aspramente per aver suonato in Sudamerica. Non credo che siamo stati strumentalizzati dai regimi politici dittatoriali, anche se ovviamente si è dovuto collaborare con le autorità. Noi suonavamo per la gente. Non ci siamo andati con le fette di salame sugli occhî. Conoscevamo perfettamente la situazione che avremmo trovato in alcuni tra quei paesi, ma per una volta abbiamo reso felici migliaia di persone. Questo dovrebbe pur contare qualcosa… noi non suonavamo per i governi, suonavamo per una moltitudine di giovani argentini. Infatti, quando ci è stato chiesto di incontrare il Presidente Viola, io mi sono rifiutato. Non volevamo incontrarlo, perché questo avrebbe significato suonare per conto loro; noi eravamo andati lì per suonare della musica rock per i giovani argentini. Allo stesso modo, non mi rifiuterei di suonare in URSS: ma per arrivarci, devi superare l’esame del governo; alle autorità russe piacciono Cliff Richard ed Elton John, ma i Q vengono ancora considerati un po’ troppo selvaggi. Freddie: Voglio che la gente se ne vada da uno spettacolo dei Q sentendosi pienamente soddisfatta, divertita. Credo che i brani dei Q siano un puro passatempo, come andare a vedere un buon film; quando tutto è finito, se ne devono poter andare dicendo che è stato grandioso, e tornare ai loro problemi… Non voglio cambiare il mondo con la mia musica. Nei nostri brani non ci sono messaggî nascosti, eccetto per qualcuno di Brian. Il quarto concerto di Caracas, in programma per il 30 settembre, venne annullato, e i Q si presero due settimane di ferie negli USA prima di tornare in Sudamerica. Il Venezuela e il Messico furono visitati mentre, per il mercato natalizio e per festeggiare il loro decennale venne pubblicato, con un anno di ritardo, il loro atteso ‘Greatest Hits’; una recente stima testimonia che rimase in classifica non meno di 260 settimane. Uscì pure una videocompilation (‘The Greatest Flix’) e un libro ufficiale (‘The Greatest Pix’). Nella prima c’erano tutti video promozionali, pubblicati in contemporanea ai brani, con l’eccezione di ‘Killer Queen’, realizzato appositamente per questa raccolta. Nel libro, vennero riproposti vecchî articoli di Gambaccini, Coleman e altri, oltre a foto vecchie e nuove (Quartet Books). Lowe, il fotografo curatore di questa antologia, si procurò ben più di tremila foto, prima di procedere alla scelta definitiva. Sei anni dopo ‘Bohemian Rhapsody’, ottennero il loro secondo singolo al numero uno in UK, ‘Under Pressure’, il quale suscitò un grande clamore perché venne realizzato con un piccolo aiuto dall’ex rivale dell’epoca glam, David Bowie, il Duca Bianco; una collaborazione a sorpresa, scaturita quasi accidentalmente. Lo registrarono in estate nei Mountain Studios, nel corso delle sedute di incisione di ‘Hot space’, che continuarono per tutto l’inverno e la primavera successiva. Roger: è una delle cose migliori in assoluto mai realizzate dai Q, ed è accaduta proprio fortuitamente, in seguito a una semplice visita di David ai nostri studî di Montreux. Finché continueremo a fare cose del genere, sorprendendo anche noi stessi, andrà tutto bene. David Bowie: Erano andati a Montreux, e così li raggiunsi nei loro studî e iniziammo una di quelle inevitabili "jam session" che portò allo scheletro di un brano. Pensai che fosse un brano abbastanza carino, così lo completammo. Non è male, ma credo che avrebbe potuto essere molto migliore. È stata una cosa fatta in fretta e furia, una di quelle faccende che si risolvono nel giro di ventiquattr’ore. Penso che avrebbe funzionato meglio quale demo. È stato fatto tanto in fretta, ma l’idea mi piace. Svariati brani vennero registrati nello studio casalingo di Michael Jackson; a proposito di questo, Freddie disse: Mi piacerebbe pubblicare qualcosa con Michael, perché è davvero fantastico lavorare con lui. È tutta una questione di tempo, perché sembra sempre che non siamo insieme al momento giusto. Penso soltanto che avrei potuto lavorare in ‘Thriller’; penso soprattutto ai diritti d’autore che mi sono perso… Michael è stato un nostro amico per molto tempo. È venuto ai nostri spettacoli, e gli sono piaciuti. Eravamo una grande squadra. L’8 dicembre la Royal Philarmonic Orchestra, sotto la direzione di Louis Clerk, eseguì un concerto di composizioni dei Q, i cui proventi vennero destinati alla ricerca sulla leucemia.

‘Hot Space’ apparve nel 1982 l’anno in cui Freddie – adesso un dichiarato fumatore – comprò un appartamento a New York. Gli statunitensi ne furono talmente orgogliosi che a Boston fu dichiarato un Q Day. Simultaneamente, il Guinness Book of Records, menzionò il gruppo come quello che aveva l’esecutivo più pagato al mondo. Brian: ‘Hot space’ è un tentativo di fare del vero funk. Il suo stile è di quello di quando suoni arrivando in fretta e altrettanto in fretta te ne vai, e da qui viene il titolo. Il 1982 fu un altro anno di dura attività concertistica. I concerti programmati in maggio e giugno sui campi di calcio dell’Old Trafford di Manchester e su quello londinese dell’Arsenal, vennero annullati. Il motivo ufficiale fu la mancanza di impianti igienici, dato che tutte le latrine chimiche portatili del paese erano impiegate nelle città visitate in quello stesso periodo dal pontefice: Papa Giovanni Paolo II. L’appuntamento londinese venne rimpiazzato da un concerto registrato il 5 giugno al programma televisivo ‘Milton Keynes Bowl’, e trasmesso il 7 gennaio successivo da Channel 4. Il concerto di Manchester del 29 maggio venne invece spostato al campo di calcio del Leeds United. Al momento della pubblicazione del singolo ‘Las palabras de amor’ (1 giugno), a Freddie venne chiesto di esprimersi a proposito del conflitto delle Falklands-Malvinas tra Gran Bretagna e Argentina: Si tratta dei nostri giovani che uccidono i loro giovani. Non c’è gloria da nessuna parte nel venire fatti a pezzi. Roger: Eravamo i numeri uno in Argentina, quando scoppiò quella stupida guerra, e là avevamo passato un momento fantastico, non avrebbe potuto andarci meglio; la musica è totalmente internazionale.

Nel 1983, dopo più di una decade al vertice della musica rock, era tempo per una pausa. I Q si presero infatti un anno di vacanza da registrazioni e tournée, concentrando tutte le loro energie solamente su progetti solisti. Brian: Ci sono state voci che i Q stavano per sciogliersi almeno per tutti gli ultimi otto anni. A casa ho alcuni ritaglî di giornale grandiosi, di gente che dice: "Una cosa è certa, nel giro di un anno i Q non esisteranno più"; eravamo solo nel 1973. Roger: Dopo essere andati in tour in America, Europa e Giappone, eravamo totalmente esausti, così abbiamo pensato che ci servisse un po’ di riposo. Con l’ultimo album abbiamo dovuto fare un sacco di lavoro che non era stato necessario per gli altri LP. Ci siamo resi conto che non sarebbe stato quello che molti fan si aspettavano da noi, così ci convincemmo che una pausa ci avrebbe dato la possibilità di riflettere un po’. Non è questione di soldi, è il pensiero "Cristo, cosa dobbiamo fare perché si chiuda questa faccenda?" Ovviamente, tutti potremmo seguire le nostre carriere soliste e formare nuove band, ma sarebbe come scalare di nuovo il monte Everest. Quello che abbiamo fatto sono i Q, i Q sono la nostra abitudine. Ma possiamo far questo soltanto se abbiamo entusiasmo. Più la band dimostra interesse, più genera entusiasmo; è stato grazie a questa sorta di eccitazione che ‘Radio Ga Ga’ è diventato un successo grandioso. Ovviamente, se la gente smette di comprare i nostri dischi e di venire ai nostri spettacoli dal vivo, saremo messi in ginocchio abbastanza in fretta. Brian: Stavamo diventando troppo intimi… e cominciavamo a darci reciprocamente sui nervi. Allora ci siamo detti, prendiamoci una pausa e diamo a ciascuno di noi un po’ di respiro. Facciamo delle cose individuali, poi alla fine, quando ci sentiremo motivati, potremo tornare i Q… Non abbiamo lavorato per circa cinque mesi, fino ad agosto. Nel corso di quel periodo ci siamo visti e abbiamo parlato parecchio, ma in realtà non abbiamo combinato niente. Volevamo che il nuovo album venisse realizzato in una situazione differente. Stavamo anche tentando di chiudere con la nostra vecchia casa discografica americana, e si trattava di un passo importante. Non volevamo dedicarci a un altro album in quella situazione. Avevamo la sensazione che avremmo realizzato soltanto un nuovo album dei Q e che saremmo stati riassorbiti dall’ingranaggio. Non lo volevamo, e tutto ha funzionato davvero bene. (…) Tra noi c’è sempre stata una notevole tensione, perché per quanto riguardava la musica, non ci piacevano le stesse cose e dovevamo trovare un terreno comune. Spesso ci siamo trovati in disaccordo sul come potessero essere presentate le cose. Siamo tutti schietti e differenti. Siamo tutti testardi, ma viviamo in democrazia; nessuno ha una voce più importante di un altro, così talvolta la situazione si fa davvero tesa e difficile. Non nell’andare in tour, comunque. Questa è la parte migliore, la più facile. Si deve fare nel miglior modo possibile. Ma il pensiero di fare un altro album proprio non ci attirava, dopo il nostro ultimo tour, così abbiamo pensato che non era il caso di forzarci a farlo. Era meglio aspettare che avessimo qualcosa da offrire. Non volevamo scioglierci, perché sentivamo che era uno sbaglio già fatto da tanti gruppi, dai Beatles in poi. Sarebbe stato molto meglio che fossero rimasti insieme per un periodo più lungo. Non ha alcuna importanza quanto talento abbiano i singoli; il gruppo è sempre qualcosa di più apprezzabile dei suoi componenti. E noi crediamo che i Q siano un esempio di vero gruppo. Pur con tutti i suoi difetti, penso che sia meglio tenerlo unito. Dopo tutti gli scontri, abbiamo ancora avuto lo stimolo di realizzare delle cose che sono state passate al setaccio e sono migliorate; proprio grazie agli scontri. Vi facciamo ancora attenzione. Mercury e Taylor cantarono quali seconde voci nel brano dell’omonimo album di Billy Squier ‘Emotions in motion’, registrato ai Musicland di Monaco. Freddie rifiutò di firmare nuovamente con la Elektra, la loro etichetta americana, così i Q abbracciarono la Capitol Records. Brian: Ci siamo messi d’accordo con la Capitol, e abbiamo firmato un contratto con loro; all’improvviso, avevamo una casa discografica americana che era davvero impaziente di realizzare il suo primo album dei Q… Mentre John faceva surf e Roger sciava, Freddie entrò di nuovo negli studî di Monaco per cominciare il lavoro sul suo primo album da solista; Ero solito pensare che saremmo durati per cinque anni, ma eravamo arrivati al punto di essere troppo vecchî per scioglierci. Come si fa a immaginarsi di formare una nuova band a quarant’anni? Sarebbe un po’ stupido, no?

Il 1984 li vide tornare insieme alla ribalta, decisi e in una forma ringiovanita, anche se il loro primo concerto non andò bene. Dopo un lungo periodo di pausa, ricominciarono anche le prove. Roger: è strano quanto siamo arrugginiti, e così stiamo tentando di ritessere la ragnatela. Di solito proviamo circa fino alle nove, e poi mangiamo insieme, decidendo cosa fare la sera. I locali qui a Monaco sono davvero divertenti. Ce n’è abbastanza da soddisfare ogni sorta di perversione. Abbiamo ancora la mentalità da "zingari del rock’n’roll’. Perfino dopo dodici anni senza aver cambiato formazione, proviamo l’emozione di suonare dal vivo, e di avere singoli di successo. Alcune band nella nostra situazione possono prendere tutto come una cosa normale, ma noi siamo ancora come dei ragazzini, ci emozioniamo davvero. In febbraio, al Festival della Canzone Italiana di Sanremo, Taylor e May litigarono platealmente per problemi relativi all’attrezzatura, al palco, e a mille altre cose; Freddie si prodigò per placare gli animi, e il suo intervento salvò l’esibizione e forse lo stesso futuro del gruppo. Uno degli altri gruppi presenti a Sanremo furono i Culture Club. May: Penso che il nostro nuovo album sia dannatamente buono, molto migliore di qualunque altra cosa abbiamo fatto da un po’ di tempo a questa parte. Lo intitoleremo ‘The works’ (le opere), e lo sono davvero! Ci sono tutti i marchî di fabbrica dei Q, in particolare per quanto riguarda produzione, arrangiamenti e armonie. Nel passato abbiamo sperimentato parecchio, e molti degli esperimenti non hanno funzionato. Il nostro ultimo album è stato un grande esperimento, e molta gente l’ha odiato. E non ha venduto bene; per lo meno non a confronto con il materiale precedente. Abbiamo avuto alti e bassi. La gente non se ne rende conto, e pensa che i Q non possano fare sbaglî. Il pubblico pensa che noi tiriamo semplicemente fuori un album, e che per noi ciò sia una cosa facile. In realtà non lo è. Ci sono varî stadi del successo, e noi siamo sempre consapevoli che il nostro prossimo album potrebbe anche essere l’ultimo. Non ci piace ripeterci, così c’è sempre la possibilità che alla gente non vada quello che facciamo. È divertente; tutti pensano che i Q avessero un grandioso piano per conquistare il mondo, ma in realtà noi eravamo emozionati soltanto dall’aver realizzato un album; questa era la nostra massima ambizione. il loro tredicesimo album, uscito il 27 febbraio, non fu affatto sfortunato, scalando le classifiche in 19 paesi. Il nuovo LP, equilibrato e divertente, vendette bene, e il tour europeo fu il più esteso e grandioso di qualunque altro avessero mai fatto prima. Il titolo ‘Keep passing the open windows’, era una citazione dal libro del romanziere John Irving intitolato ‘The hotel New Hampshire’; sostanzialmente, significa "non suicidarti" – un messaggio già lanciato dai Q con ‘Don’t try suicide’, la B-side americana di ‘Another one bites the dust’. Brian: Ho sempre apprezzato il nostro materiale più "duro". Alla fine, il nostro nuovo album è risultato molto duro, ma ho dovuto lottare parecchio per farlo in questo modo. Abbiamo realizzato diverse fantastiche armonie e parecchie cose heavy che non avevamo fatto per anni. Le tensioni si sono sempre rivolte contro di me, perché nessuno della band è attratto dal materiale dal quale io sono attratto. Ottengo la massima soddisfazione dalle cose che possano martellare e che producano una qualche eccitazione. Sostanzialmente, io sono un ragazzino con la chitarra, amo proprio il suo suono grasso, potente. Ma questo per gli altri non conta, e con questo finisce il terreno comune e comincia la discussione. Il risultato è sempre un compromesso. Il fan club dei Q fu invitato ad apparire nel video di David Mallet, per il singolo ‘Radio Ga Ga’. Roger: Un giorno venne la radio a casa mia, e Felix, mio figlio di tre anni, se ne venne fuori con "radio poo poo". Pensai che suonava bene, così la cambiai un po’ e ne uscì ‘Radio Ga Ga’. Il brano fu pronto dopo che mi rinchiusi per tre giorni in uno studio con un sintetizzatore e una batteria… Giorgio Moroder comprò i diritti cinematografici del film ‘Metropolis’ e volle che noi gli componessimo un brano per accompagnarlo. Gli scrivemmo una canzone e gliela cedemmo in cambio del diritto di utilizzare alcuni spezzoni della pellicola. È un grande film, e sono sempre stato interessato a utilizzarne le immagini; provo un senso di nostalgia nel guardare un film muto che si collega alla mia visione nostalgica della radio, che mi ritorna ricordando le sere passate ad ascoltare Radio Lussemburgo sotto le coperte. Il secondo singolo dall’LP, ‘I want to break free’, raggiunse il numero tre malgrado, o forse grazie al video pensato dal fantasioso Freddie, e basato su Coronation Street nel quale il gruppo apparve in abiti femminili, sottolineando il suo consueto senso dell’umorismo. Il 12 maggio parteciparono al Festival del Golden Rose a Montreux. Roger: Tutte le cose di quel tipo sono delle farse, perché si fa finta di suonare e si è in playback, anche se Freddie l’ha reso abbastanza evidente. Però, quattrocento milioni di spettatori… chi potrebbe dire di no? Ritirarono anche il premio Silver Clef, per il loro notevole contributo alla musica britannica. In ottobre, decisero di esibirsi a Sun City, il paradiso dei playboy sudafricani; sapevano che si trattava di una decisione discutibile, data la situazione sociopolitica sudafricana, retta da una dittatura razzista; ma essi sembrarono unicamente interessati alla loro carriera. Brian: Abbiamo pensato a lungo ai problemi morali, poi abbiamo deciso di tenere comunque quei concerti. Questa nostra non è una band politica, noi suoniamo per chiunque venga ad ascoltarci. Lo spettacolo avrebbe potuto anche essere in Botswana, di fronte a un pubblico misto. Siamo assolutamente contro l’apartheid e tutto quello che comporta, e sento che abbiamo come gettato un ponte. Alla fine in Sudafrica, abbiamo incontrato musicisti di tutti i colori, e ci hanno accolti tutti a braccia aperte. Le uniche critiche ci sono state rivolte dall’esterno del Sudafrica. John: Per tutta la nostra carriera siamo sempre stati un gruppo davvero apolitico. Ci piace andare in posti nuovi. Siamo stati in tour in America e in Europa così tante volte che è stato bello andare anche in qualche posto diverso. Tutti sono stati in Sudafrica, non siamo stati noi a creare un precedente. Ci sono andati Elton John, Rod Stewart, Cliff Richard. So che ci poteva essere un po’ di scalpore, ma in realtà eravamo davvero popolari laggiù. Fondamentalmente noi vogliamo suonare dovunque i nostri fan vogliano vederci. Roger: ‘I want to break free’ è diventato un inno ufficioso del Movimento dell’African Congress, e ‘Another one bites the dust’ è uno dei brani di maggior successo nella storia dei neri sudafricani. Ciò nonostante, le ripercussioni dei concerti sudafricani continuarono ad affliggere la band. In un certo senso rimpiango di avervi suonato, ma sento anche giusto l’averlo fatto. Voglio dire che noi suoniamo musica per la gente – preferibilmente per molta – e io credo che molti problemi vengano posti su faccende delle quali in realtà la gente non sa nulla.

Il festival ‘Rock in Rio’ del gennaio 1985, fu un evento di dimensioni colossali. I Q pensarono che non si sarebbero mai più trovati di fronte a un pubblico tanto vasto. Di certo si stavano pensando uno sproposito. ‘Live in Rio’, filmato tratto dai concerti brasiliani di gennaio del gruppo, venne pubblicato in videocassetta dalla Picture Music International. Si insediò direttamente al n° 1 delle classifiche video. Il tour mondiale, fu contrassegnato da nuove vette di stravaganza; il palco fu ispirato dalla scenografia di ‘Metropolis’ di Fritz Lang. Questo fu anche, ma soprattutto, l’anno del Live Aid, un completo juke-box che rimpicciolì il mondo nel giro di 24 brevissime ore. Nell’immaginario collettivo (così come nei libri di storia), l’evento superò perfino l’oceanico Woodstock. Tutto cominciò nel dicembre precedente, con Bob Geldof che riunì molti dei principali protagonisti del rock britannico per registrare ‘Do they know it’s Christmas?’. Nessuno avrebbe mai creduto che uno spettacolo delle dimensioni del Live Aid potesse essere davvero realizzato, ma solo sei mesi dopo che il brano era diventato il disco più venduto di tutti i tempi, i principali gruppi-rock del mondo salirono sui palcoscenici di Wembley e Philadelphia. Per ottenere una smentita alle voci che parlavano di una mancata apparizione dei Q, e dare quindi il cessato-allarme al mondo musicale, Bob Geldof ordinò a Spike Edney (tastierista di studio dei Q) di dare la caccia al loro manager-portavoce, Jim Beach fino in Nuova Zelanda. I Q stavano infatti avendo un successo enorme da Rio (dove suonarono per 250.000 persone alle tre del mattino sotto un acquazzone), fino al Giappone e l’Australia. I Q vi parteciparono e tennero una superba esibizione, salendo sul palco proprio dopo David Bowie, e presentando quasi tutti i loro maggiori successi. Live Aid fu il più grande spettacolo mai realizzato, e Freddie vi si dilettò. Ne risultò che una strabiliante quantità di spettatori si rese conto che dopotutto quei Q erano davvero eccezionali – le vendite dei loro album si fecero quindi travolgenti (oltre a contribuire forse al salvataggio di qualche vita umana). John: Non conoscevamo affatto Bob. Per realizzare il singolo aveva voluto molti dei gruppi più recenti; per il concerto, voleva invece molti dei gruppi più affermati. La nostra prima reazione è stata: "Beh, non sappiamo… venti minuti, senza controllo del suono…" Quando divenne probabile che succedesse davvero, noi avevamo appena ultimato il nostro tour giapponese, e ci trovavamo a cena in albergo a discutere se dovessimo parteciparvi o no; loro ovviamente volevano avere una risposta, e noi dicemmo di sì. Non volevamo essere coinvolti nelle discussioni relative all’ordine di esibizione, ma abbastanza stranamente è andato bene proprio il posto in cui ci hanno messi. È stato il giorno in cui sono stato fiero di essere coinvolto nell’industria musicale; tante volte non ci si sente affatto così. Quel giorno è stato fantastico, con quella gente che aveva dimenticato l’elemento della competitività. Anche per noi è stata una bella spinta morale, perché ci ha dimostrato la forza del seguito che avevamo in Inghilterra, e ci ha mostrato anche cosa avevamo da offrire quale band. Live Aid ha capovolto il mondo intero. Prima avevamo deciso di prenderci un lungo periodo di pausa. Ma la band intera è stata rinvigorita da quel meraviglioso giorno. Adesso bruciamo di entusiasmo e di nuove idee. Brian: In realtà, ne siamo stati coinvolti solo per un pelo. La nostra primissima reazione era stata: "Oh Dio! Un’altra volta no!" Ne avevamo già viste abbastanza ed eravamo un po’ disillusi riguardo a come avrebbe funzionato l’intera faccenda. Roger: L’intera circostanza è stata magnifica. Bob l’ha fatto per i motivi più puri. Non riesco a credere che personaggî quali Jonathan King possano denigrare qualcosa fatta veramente bene, quando lui non fa niente di buono per il genere umano che non sia cospargere il pianeta di dischi orrendi! Come osa? Come può avere da ridire qualcosa di una faccenda tanto bella un indegno sporco parassita come lui, questo proprio non lo capisco. ‘One vision’, pubblicato in novembre, segnò la prima volta in cui tutti e quattro i Q collaborarono a un singolo. Il video del brano era sottotono rispetto ai loro standards, mostrando semplicemente la band impegnata nel suo studio di Monaco, anche se inizialmente avevano pensato a un filmato nel contesto in cui erano apparsi nell’iniziale ‘Bohemian rhapsody’, esattamente diec’anni prima. Il comunicato stampa che accompagnava il brano, affermava che era stato ispirato dal Live Aid. Ne risultò che i Q vennero accusati di speculare sull’avvenimento. Roger: Quando ho visto quelle cose sulla stampa, ne sono rimasto assolutamente distrutto. Era un tremendo equivoco, e ne ero proprio mortificato. Qualcuno delle pubbliche relazioni aveva visto il tutto a modo suo. Sono proprio andato fuori di testa quando ho visto quelle critiche. Brian: Abbiamo donato parecchia roba per scopi benefici, ma ‘One Vision’, era un modo di tornare a quello che stavamo facendo – se non funzionassimo sul piano degli affari, non saremmo più in circolazione per il prossimo Live Aid. Non siamo affatto nell’industria musicale per dedicare tutto il nostro tempo alla beneficenza. Siamo nell’industria musicale per fare musica, che di per sé è già un fine abbastanza valido. In dicembre fu pubblicato ‘The complete works’. Fu un’edizione a tiratura limitata di un cofanetto con tutti gli album dei Q (escluso il Greatest hits), con un album aggiuntivo, il quale comprendeva tutti i singoli e le B-side mai pubblicati altrove. Tutti e quattordici gli album furono riprocessati in digitale e confezionati con copertine bianche (le riproduzioni delle copertine furono incluse in un opuscolo a parte); compreso ci fu anche una cartina planetaria con tutte le conquiste dei Q. Il giorno 7 dello stesso mese, il progetto "Artists United Against Apartheid" di Steve Van Zandt, era alla radio, in classifica, e provocò grandi polemiche nei mass media. A quel punto, qualcuno sarebbe andato a suonare a Sun City? Hazel Friedman, responsabile degli spettacoli a Sun City, dichiarò al "New Musical Express" che una nuova esibizione dei Q potrebbe non essere esclusa. Una settimana dopo, i Q diffusero il seguente comunicato stampa: "I Q affermano categoricamente di non avere in programma, per il momento, di tornare a Sun City, e ribadiscono il loro totale rifiuto dell’apartheid". L’album solista di Fred, ‘Mr. bad guy’, apparve in maggio, qualche mese prima dei fatti raccontati. Questo personale successo non significò la fine per i Q – era ancora lontanissima. Ci ha forse resi ancora più attaccati e ha accresciuto le nostre carriere. È come dipingere un quadro. Devi allontanarti un po’ per vedere com’è venuto. Mi sto allontanando un poco dai Q e penso che questo dia a noi tutti nuova energia. Ma lavorerò certamente ancora con i Q. Non ci sono dubbî. I Q si rifaranno vivi ancora più grandi.

Ed ebbe ragione; perché nel 1986 tornarono decisamente sotto i riflettori. Tutti e quattro i componenti collaborarono alla colonna sonora del film multimiliardario ‘Highlander’. Questa loro collaborazione costituì il nucleo del loro successivo album ‘A kind of magic’ che, pubblicato in giugno, arrivò al primo posto nella classifica britannica, dove vi rimase per 13 settimane consecutive vendendo oltre un milione di copie. Album e singolo omonimo (questo raggiunse il 1° posto in 35 paesi diversi), divennero dei grandi successi commerciali, e questo giocò ovviamente una grossissima parte nel totale di dischi venduti quell’anno (1.774.991). ‘Highlander’ fu la seconda pellicola per la quale i Q fornirono la colonna sonora, ma alcuni loro brani furono già prima prestati per comparire nelle colonne sonore di: ‘Stripper’, ‘La rivincita dei Nerds’ e ‘Aquila d’acciaio’. Russel Mulcahy, al suo debutto cinematografico dopo l’esperienza come regista di video, disse: Quando ho realizzato questo film, per la musica avevo in mente una sola band, ed erano i Q. la musica dei Q era proprio ad hoc per la pellicola: loro hanno un preciso senso scenico. Compongono brani davvero potenti, sul genere di inni, e il film aveva giusto bisogno di quel genere di energia. Sono sempre stato un fan dei Q, ed era da molto tempo che volevo lavorare con loro. La collaborazione per la colonna sonora di ‘Highlander’, riscosse tanto successo, che Mulcahy curò la regia del singolo ‘A kind of magic’, filmato nel teatro di posa di Northumberland Avenue, già studio della BBC, nonché sede di classiche serie televisive inglesi. Sempre Mulcahy: Piacerà ai bambini di sei anni come ai sessantenni, ha la magia e la fantasia che caratterizzano i vecchî musical hollywoodiani. In occasione della pubblicazione del secondo singolo tratto dalla colonna sonora, ‘Princes of the universe’, il protagonista Christopher Lambert volò da Parigi a Londra per apparire nel relativo video, nel quale lo si poteva vedere intento a combattere con Freddie per la supremazia… Il 25 aprile al Great Yarmouth si tenne la prima Convenzione Internazionale dei Fan dei Q. Vi parteciparono più di mille fans, che arrivarono perfino da Australia e Sudamerica. Jim Beach: Era già da un paio di anni che avevamo pensato a una riunione dei fan club come questa, ma non ci eravamo mai impegnati a organizzarla. Se funzionerà bene, sono sicuro che diventerà un appuntamento annuale. I Q annunciarono una serie di concerti europei all’aperto per l’estate ’86. Lungo un periodo di otto settimane, furono in tour in Scandinavia, Germania, Francia, Belgio, Svizzera, Spagna e Irlanda; prima però, il gruppo tenne alcuni affollatissimi concerti britannici, sempre all’aperto. Forse s’ispirò al Live Aid, perché il luogo scelto fu lo stadio di Wembley. Il 9 luglio, a Newcastle nel parco di St. James, ci fu un loro concerto i cui proventi vennero devoluti al fondo ‘Save the Children’. Jim Beach dichiarò: i Q vogliono esprimere i loro ringraziamenti per lo strabiliante successo del loro spettacolo. La straordinaria dedizione della principessa Anna al ‘Save the children’, è un esempio per tutti noi. L’11 e il 12 luglio ci furono gli spettacoli a Wembley; il secondo venne filmato per essere trasmesso in mondovisione dalla rete televisiva "Tune Tees". Entrambi vennero registrati per future trasmissioni nel contesto del Festival Musicale di Capital Radio. Uno dei due divenne inoltre il primo e unico concerto trasmesso in contemporanea radio-tv, tra il Channel 4 e l’indipendente Radio Network. Il direttore di quest’ultima, Gavin Taylor, disse: I Q sono la quintessenza del rock’n’roll… Semplicemente una delle migliori band dal vivo. I Q presentarono quali gruppi spalla gli Status Quo e gli Alarm. La data ulteriore era stata aggiunta dopo che gli 80.000 posti dello stadio erano risultati esauriti soltanto con le prenotazioni arrivate per posta. Dopo 15 anni, trovare abbastanza persone da riempire uno stadio, che non avessero ancora visto i Q dal vivo, era davvero un’impresa. Con 80 milioni di dischi venduti in tutto il pianeta, non potevano davvero essere considerati degli sconosciuti. Non ci furono molti gruppi in grado di riempire lo stadio di Wembley per una serata, figuriamoci per due! Harvey Goldsmith, il promotore del Live Aid, fu ovviamente soddisfatto: Sono davvero emozionato. Questo dimostra che dopo quindici anni i Q sono più grandi di quanto lo siano mai stati. I nuovi concerti dei Q vedevano la presentazione di un nuovo apparato scenico, basato su un palco di quasi 50 metri, che richiese buchi nelle solide fondamenta dello stadio, e grande a sufficienza per riempire completamente un lato della grande arena sportiva. La preparazione dei Q comprese quattro settimane di prove; Roger ammise: Più di quante ne abbiamo mai fatte nella nostra carriera. Credo che probabilmente oggi dal vivo siamo la migliore band del mondo, e stiamo per dimostrarlo… nessuno di tutti coloro che verranno a vederci resterà deluso. L’effetto generale, sempre secondo Roger, sarebbe stato più grandioso della stessa grandezza.Farà sembrare un kolossal del calibro di ‘Ben Hur’ una sorta di cartone animato. Dopo aver portato al tutto-esaurito a Wembley, sabato 9 agosto presero parte a uno spettacolo nella vicina Knebworth (Hertfordshire), per l’ultima volta nel Regno Unito, di fronte a 120.000 persone. Fu il più grande concerto britannico dei Q di tutti i tempi, nonché l’ultimo del decennio. Per avere un’idea delle proporzioni dell’evento, basti pensare a: un palco di 600 m2, 180 amplificatori, 14 km di cavi, 5 unità elettrogene per alimentare 5000 altoparlanti. Un immenso sistema sonoro da ½ milione di Watt, con 5 torri speciali per il missaggio. Sopra il palco vi era uno schermo di 6x9 m, il cui eccezionale peso dovette essere equilibrato da un’enorme cisterna d’acqua. Lo strabiliante spettacolo venne offuscato da un episodio di violenza nella gigantesca folla, e dalla conseguente morte di un fan nelle vicinanze del palco. Inizialmente fu Goldsmith ad annunciare che i Q sarebbero stati in cima al cartellone. Nel corso di una conferenza stampa tenuta al St James Club di Piccadilly, Goldsmith dichiarò che per i due concerti dei Q dello stadio di Wembley erano stati richiesti quasi 500.000 biglietti, e che i biglietti per il concerto di Newcastle erano risultati esauriti un’ora dopo essere stati messi in vendita. La coda per comperare i biglietti a Newcastle era più lunga di quella che ci fu quando il Newcastle United giocò la finale di coppa. Lo spettacolo di Manchester è stato quello più rapidamente venduto tra quelli presentati in tale città. Non avevo mai visto nulla del genere. Siamo stati travolti dalle richieste di biglietti per lo stadio di Wembley, ma non ne siamo stati sorpresi. Comunque, la caccia al biglietto per gli spettacoli di Newcastle e Manchester è andata oltre i nostri più arditi sogni. Le favolose esibizioni dei Q a Wembley vennero seguite da una serie di spettacoli europei, tra i quali spiccarono le date tedesche, con gruppi spalla i Marillion e Gary Moore. Al Magic Tour europeo, assistettero in tutto, un milione di persone; è bene non tralasciare di citare le ben 80.000 che riempirono lo stadio Nep di Budapest il 25 giugno. In giugno venne pubblicato un singolo, ‘Friends will be friends’, in concomitanza con gli spettacoli dal vivo. Fu un caratteristico grandioso inno che rimase in classifica per otto settimane, raggiungendo la 14a posizione. Tre mesi dopo, ‘Who wants to live forever’ entrò nelle classifiche e raggiunse il n° 24. Novembre si dimostrò un mese costoso per i fan dei Q dotati di lettore di Cd, dato che l’intero catalogo (esclusi ‘The works’, ‘Greatest hits’ e ‘A kind of magic’ già pubblicati in digitale) venne riproposto in Cd. L’ultimo colpo grosso dell’anno, si ebbe quando in periodo natalizio, apparve ‘Live magic’, in centinaia di migliaia di copie. Fu testimonianza dell’intensivo Magic tour, e spaziò su tutti gli aspetti della carriera del gruppo, o quasi. Senza neppure il sostegno di un singolo, tuttavia il disco vendette 400.000 copie entro Natale, e raggiunse il 3° posto in classifica.

Il 1987 fu la seconda volta che il gruppo si allontanò dai riflettori prendendosi un anno di vacanza. Roger dichiarò: I Q sono come un enorme ingranaggio sempre in movimento, e noi lavoriamo tutto il tempo. Sono un musicista professionista, questa è tutta la mia vita. Non ho intenzione di perderla. Tutti e quattro i Q sentirono il bisogno di dedicarsi completamente a progetti solisti, per avere un po’ di spazio per respirare; questi progetti individuali, invece di allontanare i membri del gruppo, hanno avuto un effetto coesivo. In febbraio venne pubblicato il video ‘Live in Budapest’, comprendente alcune notevoli esecuzioni, tra cui la canzone popolare ungherese ‘Tavaski Szel’.

Nel 1988, in giugno, quando i lettori di Cd cominciarono a essere disponibili a prezzi ragionevoli, i fan dei Q si precipitarono a fare incetta dell’intero catalogo, per la felicità della casa discografica EMI. Furono pubblicati infatti otto album in versione digitale. Novembre vide la ricomparsa dei momenti musicali più memorabili dei Q in un formato inedito: un Cd da 3 pollici, ascoltabile con un qualsiasi lettore per mezzo di uno speciale adattatore in aggiunta. I membri del gruppo erano rappresentati in minuscole fotografie di copertina, che li rendeva ancora più collezionabili. Ne vennero pubblicati una dozzina, facendo di questo anno il più costoso per i devoti fan dei quattro, fin dai tempi di ‘The works’. Tutti i Cd videro anche le B-side originali delle versioni su vinile, e in ogni confezione venne incluso un ulteriore brano.

Nel 1989 il successo riprese. In aprile, alla Convention dei fan dei Q, venne data un’anticipazione dell’imminente nuovo album, la quale come ci si aspettò ricevette notevoli e convinti consensi. Tuttavia un comunicato stampa firmato da Freddie annunciò che egli non aveva alcuna intenzione di andare in tour per la promozione dell’album: Voglio cambiare la solita routine fatta di album, tour mondiale, album, tour mondiale. Forse faremo un tour, ma allora sarà per ragioni totalmente differenti. Tutto sommato furono davvero pochi quelli che dovettero essere persuasi a mettere mano al portafoglî per comperare l’atteso LP composto da sedici brani. Malgrado i ripensamenti, Freddie era comunque ben lungi dall’abbandonare, e si recò in visita al coproduttore-ingegnere del suono Dave Richards, ai Mountain Studios, per cominciare a lavorare a un suo brano, ‘Delilah’. All’inizio di maggio, il primo singolo ‘I want it all’, si pose al terzo posto nelle classifiche, come assaggio prima dell’LP ‘The Miracle’, il quale raggiunse il podio più alto nel mese seguente e lo mantenne per 27 settimane. Il video promozionale del singolo, diretto da David Mallet, fu abbastanza insolito; una travolgente prestazione a anni luce da ‘Bohemian Rhapsody’. Jim Beach lo descrisse come semplice e diretto, mostra i Q intenti a fare quello che sanno fare meglio. Parecchî dei video che in Inghilterra sono stati accolti entusiasticamente, negli States non sono affatto stati apprezzati; là non gustano la visione… L’album, il primo dopo tre anni di astensione, fu stupefacente sotto tutti i punti di vista, dalla copertina (una strana immagine di una sola persona con le quattro teste dei Q), ai gadget promozionali (un cofanetto-Cd a tiratura limitata, le schede biografiche "rattoppate", comunicati stampa e fotografie). I fan più curiosi, poterono chiamare un numero-verde per sentire Brian che parlava del nuovo album e suonava alcuni brani scelti. Era perfetto, fu il verdetto di Freddie durante le prove di registrazione, ma abbiamo dovuto prenderci a cazzottate. Brian: Volevamo registrare un album davvero democratico, nel quale ognuno di noi sarebbe stato coinvolto nella composizione. Abbiamo creato un vero spirito di gruppo, superando tutti i problemi di ego. Questo è uno dei motivi per cui ‘The miracle’ è risultato un album migliore, a esempio di ‘A kind of magic’… Per assemblare la testa del mostro in copertina, il grafico Richard Gray utilizzò tecniche computerizzate, così come per il nido d’api fatto di occhî e nasi sulla retrocopertina. E teste, nasi e occhî finirono su poster distribuiti in tutti i negozî di dischi, che in prossimità della pubblicazione promettevano: "Il miracolo dei Q avverrà il 22 maggio". Tony Wadsworth della EMI, responsabile della campagna promozionale, commentò: ‘Greatest hits’ dei Q è stato uno degli album più venduti di tutti i tempi: il nuovo album sembrerà una sorta di Greatest hits, con la sola differenza che nessuno dei brani è un hit… non ancora per lo meno! Freddie: è sorprendente come siamo riusciti a essere ancora in giro dopo tanto tempo. Ecco spiegato il titolo di ‘The miracle’: in fondo, non è un miracolo che quattro persone dipingano lo stesso quadro e che siano ancora insieme, entusiasti di fare musica come la prima volta? (…) Il segreto per rimanere sulla vetta, è essere i primi critici di noi stessi, e non pensare al fatto che siamo un gruppo così importante. La BBC Radio One mandò in onda uno speciale sui Q, mentre la rete ITV mandò in onda due programmi sulla band, entrambi già disponibili in videocassetta: ‘Q - The magic years’ e ‘Live in Budapest’.In agosto fu pubblicato il video ‘Rare Live’, un autentico pezzo da collezione, comprendente 20 brani. Il comunicato stampa lo descrisse così: "Un concerto dei Q nel tempo e nello spazio, realizzato per il collezionista a partire dal primo video (del 1973 in sala prove), attraverso ogni stadio della loro carriera, che offre le loro prime esibizioni e molti brani eseguiti solo poche volte". Altri due singoli si annoverarono nella Top Thirty: ‘Scandal’ al 26° posto e ‘The miracle’ al 21°. In novembre la casa discografica Baktabak pubblicò un Cd non autorizzato. In dicembre uscì, nel frenetico mercato natalizio e scarsamente pubblicizzata, una compilation radiofonica risalente a 16 anni prima, ‘Queen at the Beeb’, con la quale i fan del gruppo diedero un’occhiata nel suo glorioso passato. Fu questa la prima uscita della casa discografica Band of Joy Records; c’era una seduta di registrazione di quattro brani per la trasmissione della BBC Radio One del 5 febbraio 1973 ‘Sound of Seventies’, e da un’altra simile seduta tenuta il 3 dicembre dello stesso anno, entrambe prodotte da Bernie Andrews. Tutti i brani, tranne ‘Ogre battle’, erano versioni diverse del materiale presentato sul primo album, e offrivano un affascinante confronto con i progressi della band in tutto quel periodo. Secondo le note di copertina, redatte da Malcom Dome della rivista "Raw", si trattò di un lavoro storico che continua a esercitare una moderna risonanza… vitale, di valore e inesorabile. Passò una sola settimana nelle classifiche al n° 67. Lontani dai clamori dei fan e della critica, i Q si riunirono nei loro studî svizzeri alla ricerca di nuove idee per il successivo album. Dave Richards ricordò: Sembrava che si stessero per sbranare. Se ne andavano soltanto nella sala-concerti dove io li registravo, e poi cominciavano a criticarsi duramente l’un l’altro. Brian: Di solito passavamo tre o quattro giorni suonando soltanto, per provare il sound, e per rimetterci in sintonia. Facevamo girare l’apparecchiatura di registrazione, e alla fine scoprivamo che si trattava di tanti frammenti che in realtà avevano le sembianze di un tutto omogeneo. Il gruppo non venne più visto insieme per molto tempo; la malattia di Freddie stava distruggendo il cantante, ma anche tutti gli altri componenti dei Q: le attività soliste di Brian e Roger di quello sfortunato periodo, non furono altro che delle fughe da un’imminente quanto crudele realtà.

I quattro fecero una rara apparizione pubblica il 18 febbraio del 1990, invitati dalla associazione dell’industria fonografica britannica, per ricevere un altro riconoscimento al loro considerevole contributo alla musica britannica e alla nazione, durante lo spettacolo televisivo di Jonathan King. L’apparizione dei Q raggiunse un’audience altissima: tutti volevano verificare la veridicità su quelle "strane voci" e la tirata esibizione della "regina" altro non fu che una spiacevole conferma. I mass media non fecero altro che pubblicare notizie riguardanti la sua salute, mentre Brian e Roger smentirono in continuazione dicendo che il vocalist era semplicemente stanco perché ha lavorato tantissimo. Tutt’altro che stanchi furono loro due, che continuarono a esibirsi con altri gruppi. In giugno la Baktabak distribuì un cofanetto di dischi-intervista a 7 pollici, intitolato ‘The interview collection’. In settembre venne distribuito un "picture-disc" con intervista non ufficiale ‘Message from the palace’. Alla fine di novembre, il misconosciuto rapper statunitense Vanilla Ice (vero nome Robbie Van Winkle) balzò in vetta alle classifiche britanniche (dopo aver già conquistato quelle americane) con ‘Ice ice baby’, brano rap basato su una plateale scopiazzatura del motivo di ‘Under pressure’. Brian pensò: Interessante, ma nessuno lo comprerà mai, perché è una cazzata… Più tardi disse: Beh, avevo torto. Non vogliamo essere coinvolti in una vicenda legale con altri artisti, non sembrerebbe bello; adesso penso che a modo suo sia una cosina fatta abbastanza bene. In dicembre, infine, venne pubblicato il video ‘Q at Wembley’, registrazione di 75 minuti dei loro spettacoli del 1986 nel famoso stadio. Con la regia di Gavin Taylor, il video utilizzava delle foto in ordine cronologico per documentare la costruzione dell’enorme palco; anche se non fu un valido sostituto di uno spettacolo dal vivo, fu comunque un lavoro dignitoso. All’annuale convention dei fan dei Q, ci fu un’anticipazione di tre brani dall’imminente nuovo album. Uno di questi fu ‘Innuendo’, il quale ricevette un’autentica ovazione. Il segretario del Fan Club, Jack Gunn, disse: Mentre veniva eseguito il brano, non si sentiva volare una mosca; quando si è concluso c’è stato un secondo di stupito silenzio, poi gli applausi hanno fatto crollare il soffitto. La sera dell’ultimo dell’anno, Roger e Freddie cenarono assieme e decisero che la band dovesse rientrare in studio per sfruttare il momento creativo favorevole.

Dopo un anno di silenzio, nel gennaio 1991 ‘Innuendo’ entrò nelle classifiche dei singoli al numero 1 rimanendovi per 6 settimane – il primo singolo dei Q in assoluto a riuscire in tanto e, con 6 minuti e mezzo di durata, il più lungo singolo britannico al primo posto dopo ‘Bohemian Rhapsody’. Fu anche il primo loro lavoro in assoluto a raggiungere la vetta dall’esordio, e il 24° singolo a guidare le classifiche. Brian: è stato uno dei primi brani a saltar fuori. È un brano davvero strano, con quel ritmo in stile Bolero. Era un brano un po’ rischioso, ma era anche diverso dal solito, col quale si poteva sbancare o fallire. Anche il video, fu una regressione agl’anni settanta; in questo Freddie apparve dimagrito, lento nei movimenti e con tutto il corpo ben coperto da un vestito. L’album omonimo, oltre a raggiungere il primo posto in Gran Bretagna, fu anche il primo LP dei Q ad apparire (in America) nei dischi della Hollywood Records, sussidiaria della Walt Disney. Per i diritti di pubblicazione negli States, la compagnia versò 10 milioni di dollari. Particolari del video della Disney, furono introdotti nello sconcertante video di ‘These are the days of our lives’, che a causa delle continue insinuazioni della stampa circa lo stato di salute di Freddie, non uscì mai. Le recensioni sull’album, come sempre, spaziarono dal sublime al mostruoso; il ruffianesco Tony Parson, scrisse sul Daily Telegraph: Il risultato è un incrocio tra i Led Zeppelin e Kenneth Williams. Verso la fine del mese, i Q entrarono nei loro studî svizzeri per registrare il materiale del nuovo album, la cui uscita era prevista per il 1993… ‘Made in Heaven’. Il video che accompagnò il singolo ‘I’m going slightly mad’, ebbe come coprotagonista un branco di pinguini addomesticati, ed era stato filmato in studio a Wembley per un costo di circa 200.000 sterline. Grazie, o a causa, dei continui pettegolezzi sulle condizioni di salute di Freddie, il singolo raggiunse il n° 22 in classifica. Nel maggio, ‘Headlong’, una raffinatezza per i fan dell’originale stile chitarristico di Brian, fece di meglio, raggiungendo il n° 14. Sono stato in studio un paio di giorni per tirare fuori alcune cose dal mio cervello. Ne sono usciti ‘Headlong’ e ‘I can’t live with you’… alla gente piacciono. Freddie si spense la notte del 24 novembre.

Fu straordinario come nel febbraio del 1992, il pubblico alla cerimonia dei British Awards, che proprio due anni prima aveva onorato i Q per il loro notevole contributo alla musica britannica, fosse testimone dell’ulteriore riconoscimento a Brian May e Roger Taylor per il miglior singolo britannico (‘These are the days of our lives’)… Una cosa è comunque certa, la morte di Freddie fu per molta parte destinata a aumentare esponenzialmente il valore dei più rari reperti in vinile e di tutta l’oggettistica riguardante il gruppo, ormai entrato nella mitologia popolare. Emblematico è anche l’esito del referendum fra i lettori di Record Collector, la rivista più autorevole per i ricercatori di rarità discografiche, che elevò il quartetto londinese addirittura al secondo posto fra gli artisti più collezionati, preceduti solamente dagli altri immortali Beatles, e davanti a Rolling Stones, Elvis Presley, e moltissimi altri…

BIBLIOGRAFIA:
Queen - Tutti i testi con traduzione a fronte. 1992, Arcana Editrice.
Queen
Super Stars (n.1)
Freddie Mercury: The legend lives on. 1992, Nowscreen Ltd.
Queen - La storia illustrata. 1992, Ken Dean, Omnibus Press.